24 Marzo 2015 - 16:11

Vergine Giurata dal Kanun all’Italia

Vergine Giurata inizia con l’albanese Mark che si ritrova quasi senza motivo a Bolzano, in cerca di sua sorella. Con una serie di flashback, che ci riproiettano in una gretta immagine dell’Albania, scopriamo che Mark è Hana

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Vergine Giurata, uscito in Italia il 19 marzo, è il lungometraggio d’esordio di Laura Bispuri. In una società patriarcale, sullo sfondo di un’Albania arcaica, eppure così drammaticamente attuale, Hana è un’orfana accolta in casa dal montanaro Gjergji, che ha una figlia, Lila: un’eccezionale Flonja Kodheli. Hana, interpretata da un’essenziale, intensa e androgina Alba Rohrwacher, è una ragazza che ama la sua terra, come alcune attività ritenute prettamente maschili: per questi “casi” la cultura locale prevede il severo codice del Kanun. Secondo questa antica e onorata tradizione, si mortifica la femminilità e si reprime il femminile nella sua essenza per garantirsi il diritto all’indipendenza. In questo clima Hana è costretta a diventare una vergine giurata, assumendo un’identità maschile, reprimendo Hana per far posto a Mark. Solo molti anni dopo, giunto in Italia, Mark può ritrovare in sé le tracce di Hana.

Vergine Giurata con Flonja Kodheli e Alba Rohrwacher

Vergine Giurata, variante registica dell’omonimo romanzo di Elvira Dones del 2007, ci presenta una donna albanese pronta a sacrificare la sua natura per essere libera, ma libera a metà. In una cultura così rigidamente maschilista, per rimanere in Albania conducendo un autonomo stile di vita con l’approvazione dei familiari, Hana è costretta a rivolgersi al Kanun: solo giurando di rimanere vergine potrà ottenere ciò che è ad esclusivo appannaggio degli uomini: la libertà di essere ciò che vuole, tranne essere una donna. Scegliendo di diventare una burrnesha, Hana rinuncia alla sua identità, comprimendo nella carne anche l’animo. Un rifiuto di sé che diventerà la sua prigione: perché la legge del Kanun si basa sull’onore di chi lo contrae giurando fedeltà eterna. Per questo Mark fatica a scrollarsi di dosso l’onere del suo giuramento, oltre l’impaccio di dover re-imparare ad essere Hana e a re-impadronirsi di una femminilità e una sessualità ormai inabissate, quasi irrimediabilmente perse.

Sorte diversa tocca a sua sorella Lila, che vive come un tradimento la scelta di Hana, così diversa dalla sua, che a sua volta l’ha vista andare alla ricerca di un’esistenza indipendente. Quando Hana la ritrova, Lila è dura con lei perché non vuole riaprire la ferita del passato, lei che prova, dal giorno in cui è fuggita, ad obliare la sua storia. Infatti Lila, emigrando, ha rinunciato per sempre alle proprie origini, alla terra dove è nata e cresciuta, per garantirsi un futuro di libertà: la libertà di poter sposare l’uomo che ama e non quello che la famiglia vorrebbe imporle, una libertà possibile solo altrove. Ovviamente in un’Albania così fiera e conservatrice, ogni scelta ha un prezzo, e Lila sa che non potrà più far ritorno a casa: lì non è più nessuno, ormai dimenticata da tutti, come morta, per un gesto considerato irrispettoso della famiglia, della comunità e dei suoi valori.

Scena tratta dal film Vergine Giurata

Scena tratta dal film Vergine Giurata

Il film Vergine Giurata, esplora il tema dell’identità di genere, nella sua necessità (culturale), attraverso dialoghi centellinati e una dettagliata intimità fisica e mentale, per mezzo del corpo stesso. Eppure Laura Bispuri riserva un pudico senso all’animo femminile, il cui confine con la terra e i suoi elementi è viscerale. Una strepitosa Alba Rohrwacher, esteticamente vocata al ruolo, – per inciso si vorrebbe sondare la sua bravura anche in ruoli più leggeri –  ci restituisce perfettamente il senso di disagio che Hana prova intrappolata in panni maschili, come quello di Mark nel riappropriarsi di quelli femminili.

La narrazione “albanese” è quella più riuscita, nella suggestiva forza di luoghi impervi, e nel rapporto tra Hana e Lila. Un film costruito su alcune dicotomie, tra le incontaminate montagne albanesi e le anonime palazzine italiane; tra due donne figlie della stessa cultura ma destinate a diversi orizzonti; nel rapporto di Mark/Hana con la nipote Jonida (figlia di Lila, nata su suolo italiano ma con un nome tipicamente albanese), che vorrebbe essere uno stimolo al cambiamento, ma che ha una resa troppo superficiale, quasi al solo fine di presentare l’ “incontro” sessuale, a cui la Hana celata in Mark anela da tempo.

Vergine Giurata di Laura Bispuri

Vergine Giurata di Laura Bispuri

Il limite di Vergine Giurata è di proporre una didascalica condizione femminile in un discorso eccessivamente geolocalizzato, ambientato in un luogo vissuto come lontano nel tempo ma anche nello spazio, circoscritto ad una cultura retrograda contrapposta ad un’Italia amena. Eppure la Bispuri, certo non lo grida, ma nemmeno omette quanto la stessa cultura italiana, luogo dello scioglimento del giuramento come dello sverginamento, sappia essere patriarcale, discriminante, ghettizzando gli stili di vita, negando la libertà e l’affermazione di genere, negando ancora ad oggi la libertà di non avere per forza un ruolo. In ogni caso la pellicola, come il libro, rappresenta un ottimo spunto di riflessione, all’insegna di un tratto registico che privilegia una narrativa dall’estetica post-naturalista, con un’etica rigorosa ma priva di ogni morale. La possibilità, per ora solo cinematografica, di sentirci, in quanto donne, finalmente libere di non essere per forza qualcosa. La possibilità di conoscere una realtà così vicina e così ignorata, che dopo diversi reportage non ha prodotto il clamore, che invece sembra smuovere questo film.

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