Una festa, un “memento mori”, una giornata per commemorare, ricordare e non dimenticare mai. Questo, almeno in teoria, dovrebbe rappresentare il 25 Aprile, festa della Liberazione italiana dal fascismo, che si celebrerà domani per la settantaquattresima volta. E lo rappresenta praticamente per tutti, tranne che per il ministro dell’Interno, Matteo Salvini.
Per l’ennesima volta, il leghista perde l’occasione per tacere e regala la sua ennesima performance da uomo social. Ma, inaspettatamente, nella stessa Lega c’è chi contraddice l’atteggiamento del suo leader. Franco Senarega, capogruppo regionale della Lega, fedelissimo del “Capitano”, celebrerà la Liberazione nel suo Comune. Non boicotterà la Festa della Liberazione.
“Il 25 Aprile è di tutti, non deve diventare strumento di scontro politico, né deve essere banalizzato a contrapposizione tra fascisti e comunisti: io sarò in piazza a Recco, a deporre corone. Non è stata data alcuna indicazione sulla questione.” ha dichiarato.
Gli fa eco il presidente del consiglio regionale della Liguria, Alessandro Piana: “Ho ricevuto una trentina di inviti, e sto decidendo a quale partecipare. Ci sono sempre andato e sarò in piazza a Genova.”
Il Movimento 5 Stelle, invece, ha annunciato già la sua presenza in piazza in occasione della manifestazione.
“La festa della Liberazione dal fascismo è informata dagli stessi valori della Costituzione, è la festa di tutte le forze politiche elette democraticamente. Evviva la Liberazione.” ha dichiarato Alice Salvatore, capogruppo della Liguria.
Insomma, vi è una vera e propria scissione politica non solo tra le due forze di Governo, ma, per la prima volta, anche all’interno della Lega stessa. E, a questo punto, viene da domandarsi se Salvini abbia capito effettivamente il valore della celebrazione stessa, che non è certo quello del “derby tra fascisti e comunisti“.
C’è rammarico, ma anche una vera e propria rivincita da parte di quegli ambienti “maltrattati” dal ministro dell’Interno. Per la prima volta, un ministro dell’Interno minimizza una celebrazione, come quella del 25 Aprile che, al di là del carattere politico, assume una valenza storica impressionante. La festa è istituzionale, non è solamente a senso unico, e serve a commemorare un evento che ha assunto (e assume tutt’oggi) un ruolo fondamentale per l’identità nazionale italiana.
La Liberazione celebra una nuova epoca, e ogni anno ricorda a tutti che, forse, dopotutto, malgrado i dissapori interni, la strada democratica è stata da sempre quella migliore. Celebra gente che ha lottato, che è morta, che ha lavorato e si è spaccata la schiena per rendere l’Italia accessibile a tutti e per garantire un dualismo politica-popolo che, altrimenti, non ci sarebbe stato.
Minimizzare il tutto ad una lotta “fascisti-comunisti” dimostra il fatto che, a capo del Ministero dell’Interno, vi è ignoranza pura al servizio dei cittadini. Significa il fatto che il “prima gli italiani” è solamente il classico slogan da stadio che va bene per propinare e disseminare populismo facile al solo obiettivo di consolidare la propria poltrona. Un paradosso davvero incredibile, se si pensa al 25 Aprile come ad una festa che celebra l’Italia.
Significa, infine, che la politica italiana non è diventata altro che il classico tifo da stadio. Se nel calcio c’è il derby Milan-Inter, qui c’è il derby “realisti-negazionisti“, e non “fascisti-comunisti”, come qualcuno dai piani alti insinua. Chissà oggi come tutti coloro che hanno fatto parte della Resistenza guarderebbero il classico politico viziato (sì, stiamo parlando di Salvini) sputare fango sulla propria memoria. Sì, perché della Resistenza non facevano parte solo i “comunisti”. Vi erano azionisti, monarchici, repubblicani, socialisti, democristiani, liberali e addirittura anarchici.
L’unico a non capire l’importanza di questo anniversario, del 25 Aprile, al di là del proprio colore politico, è proprio il leghista. Come al solito, anche un evento istituzionale doveroso diventa un fattore politico e crea scontri e dissapori all’interno della maggioranza (e non solo).
Salvini, da questo punto di vista, incarna il perfetto “superuomo” medio. Quello che ha bisogno di uno staff nutritissimo per sapere cosa dire, per curare la sua immagine, per apparire agli italiani come l’uomo di cui fidarsi. Ma che gli stessi italiani li tradisce, ancora una volta, disonorando un appuntamento fondamentale.
E allora, buon 25 Aprile anche a te, Matteo, che ti godrai il “derby” da casa. Per fortuna, nelle menti italiane vi è ancora voglia di lottare per una politica più giusta, di celebrare la libertà, la storia e l’appartenenza ad una nazione. Nella tua, che si professa tanto “italiana”, al massimo c’è quella di fare un selfie.
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