MareFuori e l’educazione nel carcere minorile di Nisida
MareFuori è la nuova fiction Rai ispirata alle dinamiche che caratterizzato il carcere minorile di Nisida (NA): che insegnamento vuole dare?
MareFuori è la nuova fiction Rai che sta andando in onda dal 23 settembre tutti i mercoledì in prima serata su Rai 2, ispirata al carcere minorile di Nisida. Sulla piccola isola, posta di fronte alla città di Napoli, a pochi passi dal mare, c’è infatti un carcere per reati gravi, in cui scontano la loro pena ragazzi e ragazze di minore età.
La loro è una fascia d’età molto particolare, che segna il passaggio dall’adolescenza all’età adulta. Un’età in cui alcuni elementi come l’educazione e la speranza in un futuro migliore sono fondamentali. Purtroppo però non tutti i ragazzini nascono in contesti sociali positivi e con dei modelli da seguire che gli consentono di sviluppare tali elementi e spesso finiscono per percorrere strade sbagliate.
In particolare, nelle periferie, non è raro sentir parlare di adolescenti che finiscono nei guai e non è raro sentir parlare di adolescenti che per “errore”, o per una ragazzata, commettono reato. Sono tutti questi gli adolescenti protagonisti di MareFuori. Ragazzi che, senza stimoli positivi da parte della società che li circonda, credono di trovare nel crimine una soluzione.
L’obiettivo della fiction è quindi quello di sensibilizzare il pubblico verso un ambiente così delicato, che fin troppe volte viene dimenticato. I carceri minorili hanno lo scopo di riportare sulla retta via tutti i giovani che altrimenti non avrebbero molte speranze. Non sempre ci riescono e, come ha affermato la professoressa Maria Franco, insignita tre anni fa del Global Teacher Prize come una delle migliori insegnati italiane, spesso dopo aver lasciato il carcere molti ragazzi ritornano alla realtà da cui erano stati lontani e talvolta rimettendoci la loro stessa vita. Maria Franco ha infatti insegnato per molti anni all’interno del carcere di Nisida e, durante un’intervista per fanpage.it, ha ricordato sia i fallimenti, sia i tanti ragazzi che dopo la detenzione hanno trovato la propria strada lontani dalla criminalità.
I protagonisti: simboli delle varie tipologie di reato
Così come nella realtà, i ragazzi di MareFuori rappresentano le varie tipologie di chi commette un reato. C’è chi come Filippo, entra in carcere per uno scherzo tra amici finito male; chi come Carmine, che ha commesso un omicidio perché portato all’esasperazione dalla realtà violenta in cui è cresciuto; chi come Ciro è un babyboss e chi come Edoardo finisce in carcere per spaccio di droga.
E poi ci sono le ragazze: Naditza, che pur di evitare un matrimonio combinato dalla sua famiglia, spera di trovare nel carcere figure sostitutive ai suoi genitori, capaci di darle l’affetto che merita un’adolescente. Poi c’è Gemma, che vittima di una fidanzato violento, dopo che quest’ultimo ha aggredito con l’acido sua sorella, ha deciso di sparargli; e tanti altri ragazzi ancora.
Tutti con storie più o meno tristi e più o meno difficili: storie-denuncia, che vengono mostrate con tutta l’umanità possibile. In fondo, sono solo ragazzi cresciuti troppo in fretta e, come tali, non sempre sono a loro agio con quanto commesso. Il processo di assunzione della responsabilità, tema centrale all’interno della fiction, è lento e per molti difficile da raggiungere. Nonostante ciò, le loro azioni sono mosse dallo spirito impulsivo della minore età, con tutti gli alti e bassi connessi.
Ma nel carcere non ci sono solo i ragazzi: insieme a loro lavorano guardie penitenziare, educatori e poliziotti. Il loro obiettivo è quello di gestire la vita quotidiana all’interno del carcere, prendendosi cura dei ragazzi, istruendoli e guidandoli attraverso attività educative e creative, affinché tutti possano trovare, una volta usciti, il proprio posto nel mondo.
Insomma, una realtà difficile e talvolta lontana da chi è sempre cresciuto in contesti tranquilli. Una realtà che non viene quasi mai raccontata sul piccolo schermo e che invece, la Rai ha voluto mostrare ai suoi telespettatori, per sensibilizzare e denunciare il mondo delle babygang o in generale dei reati minorili; nonché del bullismo e delle gerarchie che si possono creare in ambienti chiusi come i carceri. Tutti contesti questi da cui si spera, un giorno, quei ragazzi possano uscire, trovando un proprio equilibrio nel mondo degli adulti.
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