Whiplash. Si cresce con la musica e si diventa uomini
Whiplash è un film musicale, in cui tra ritmo e difficoltà, si emancipano i traumi e le insicurezze, si curano le delusioni di una vita insoddisfatta
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Whiplash, film d’esordio del regista Damien Chazelle, incornicia la dialettica tra l’allievo Andrew (Miles Teller) e il maestro Terence Fletcher (J.K. Simmons), in una scuole di musica in cui si esprimono due personaggi intrappolati nella paura di crescere e nella rabbiosa reazione al fallimento.
Whiplash è un film costruito con pochi elementi, ma che mantiene forte la suspense fino alla fine. Gli sguardi sono il primo strumento con cui possiamo entrare in confidenza con i personaggi. I gesti ripetitivi, esasperati e ribelli dei musicisti, in particolare di Andrew, quando il maestro li riduce a oggetti informi e incapaci di comprendere il ritmo musicale. La fotografia, in un misto tra cinema espressionista e noir, crea un ambiente opprimente e ostile. I personaggi sono quasi michelangioleschi, perché mostrati nel corpo scolpito e umanizzato, ma anche dalla psicologia abbozzata, incapaci di esprimersi, come nel “non finito”.
Prendono forma lentamente le anime del maestro e dell’allievo, in un rapporto catulliano, in cui uno interpreta l’odio e l’altro l’amore, ma legati indissolubilmente tra loro. Il maestro Terence, dal tono aggressivo e violento, trasmette al suo allievo Andrew il sentimento primordiale legato alla musica, il ritmo e l’armonia, che sono insiti nel corpo umano; basti pensare al battito cardiaco.
Andrew però è un ragazzo fragile, insicuro e cupo. Gli insegnamenti feroci di Terence lo portano alla reazione sbagliata, così costretto a lasciare la scuola prima di coronare il suo sogno. Denuncia il maestro per il suo comportamento nei confronti degli studenti, diventando due uomini in sospeso, in un limbo in cui si arrestano le azioni. Solo la coscienza, il distacco e la maturazione, riavvicinano Andrew e Terence in una serata occasionale.
Si presenta così un’altra possibilità per l’allievo, eppure i problemi continuano: notevole la scena in cui Andrew, subito dopo un incidente stradale, ritorna in orchestra per non perdere il posto assegnatogli, ma che debole, rovina il concerto. Whiplash crea un’empatia con lo spettatore molto forte, inibendolo quando non riesce a sopportare tutta la violenza subita dagli studenti, tutta l’assurdità che si consuma davanti agli occhi pur di essere il “migliore” tra i musicisti.
Il ritmo musicale invade il film, perché è nella mente degli attori, nei loro gesti, è il tema portante, ma è anche il leitmotiv che inserisce il movimento laddove non c’è, ad esempio i pesanti silenzi di Andrew e i suoi imbarazzi, ma amplifica i momenti in cui la musica diventa davvero un personaggio cinematografico, essendo un’entità inquadrata dalla mdp, una coreografia di strumenti che illuminano i volti degli esecutori e la scena.
Nel concerto finale di Whiplash, Andrew di fronte all’ennesima umiliazione da parte del maestro, strumentalizza la natura del jazz, basato sull’improvvisazione e la rimodulazione progressiva, per emanare sul palco la sua potenza musicale, interiore e vera, che si scatena per dimostrare al maestro, una figura paterna estrema di cui sente la mancanza perché poco incisivo e presente, che suonare coincide con la sua crescita personale, con l’essere uomo. Il jazz è quel genere con cui ogni musicista deve confrontarsi per entrare pienamente nella vastità e universalità del fare musica. Andrew entra nel jazz e conquista l’amore del suo maestro.
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