A Star Is Born è la storia, prima di tutto, di un incontro. Una sera qualunque, gli occhi della squattrinata Ally sprofondano dentro quelli della star della musica rock Jackson Main, sullo sfondo di un locale gay, traboccante di libertà e birra schiumosa.
Ma è anche la storia di un’ascesa: la ragazza, un diamante grezzo di talento, sarà guidata dal cantante per trovare dentro sé il coraggio necessario a sfondare nel mondo della musica. Mentre una stella trova la sua luce, però, un’altra sembra precipitare.
Nulla di nuovo sullo schermo. A Star Is Born è infatti il remake del film È nata una stella, diretto nel 1937 da William A. Wellman. Si tratta, stavolta, del terzo rifacimento, anticipato dal musical del 1954 e dal musical rock del 1976.
Stefani Joanne Angelina Germanotta, nome reale della diva newyorkese, interpreta così un personaggio che fu portato al successo già da Janet Gaynor, Judy Garland e Barbra Streisand.
Eppure, una dose di novità c’è. Il film, applaudito dalla critica internazionale alla Mostra del Cinema di Venezia, segna due esordi: quello di Bradley Cooper alla camera di regia e quello di Lady Gaga come attrice protagonista.
L’urgenza di comunicare è il filtro che riveste tutta la pellicola. Per ottenere il successo non bastano una bella voce o un corpo armonioso: bisogna avere qualcosa da dire. Qualcosa che venga dalle viscere, che sia il prodotto puro e sincero dell’anima.
La tendenza all’onesta è ciò che lega i due personaggi, seppur le loro vite, dopo l’attimo in cui convergono, siano destinate ad imboccare direzioni opposte: lui si consuma sotto l’abuso di alcool e droghe, lei è pronta a spiccare il volo verso una carriera luminosa.
Jack, cantautore alla Eddie Vedder, tutto voce e chitarra, è contrariato quando il manager della neo stella fa di tutto per riempire il palco: ballerine, coreografie, capelli color platino. È in quel momento che esplode in lui una frustrazione che non lascia scampo.
Ciò che sorprende è la performance attoriale di Lady Gaga. La donna riesce a calarsi con precisione millimetrica nei panni della protagonista che interpreta al punto che, a tratti, sembra stia raccontando la storia della propria consacrazione musicale.
Anche Bradley Cooper, già noto per le sue doti interpretative, si rivela un cantante dalla interessante vocalità: un timbro roco ed intonato, intimistico al punto giusto.
Arriviamo al punto forte: le musiche. Importante è l’annotazione che le scene cantate sono state girate tutte dal vivo. La febbre da Oscar è già alta ad Hollywood e chissà se il film, oltre alla possibile candidatura di Lady Gaga come miglior attrice, riuscirà a guadagnare la nomination per alcuni brani che ne sono la colonna sonora.
La tracklist ufficiale si è imposta come una delle più ricercate in rete: Black Eyes, Somewhere Over The Rainbow, Fabulous French, La Vie En Rose, I’ll Wait For You, Maybe It’s Time, Out of Time, Alibi, Trust Me, Shallow, Music To My Eyes, Diggin’ My Grave, I Love You, Always Remember Us This Way, I’ll Never Love Again e tante altre.
Se c’è una cosa che non convince del tutto, è la sceneggiatura: disimpegnata, lacunosa, approssimativa. Insomma, debole ed incapace di codificare l’alchimia dei personaggi che filtra attraverso altri mezzi: la voce, gli sguardi, le atmosfere, anche i silenzi.
Il 5 e 6 dicembre a Salerno, presso la sede di via Clark della Camera…
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