18 Agosto 2021 - 17:52

Afghanistan: se le altre nazioni non riconoscono i talebani

Afghanistan Talebani

Il Canada non ha riconosciuto il Governo dei talebani in Afghanistan. Boris Johnson ha già dato il suo assenso per l’appoggio

Di fronte alla riconquista di Kabul e dell’intero Afghanistan da parte dei talebani, si pone un altro tema cruciale: la credibilità del nuovo Governo e la legittimazione che dovrebbe trovare al di fuori dei confini nazionali. Mentre la maggior parte degli Stati esteri è in attesa di capire che piega prenda il nuovo esecutivo talebano, ci sono due nazioni che si sono già sbilanciate: il Canada e la Gran Bretagna.

Perché il Canada no e la Gran Bretagna sì?

I canadesi hanno annunciato che non riconosceranno il governo talebano, mentre i britannici, anche un po’ a sorpresa, potrebbero farlo. “Il Canada non ha in programma il riconoscimento di un governo dei Talebani in Afghanistan.” ha affermato il premier Justin Trudeau. “Hanno preso il potere con la forza e sostituito un governo regolarmente eletto democraticamente.” ha aggiunto. Di tutt’altro avviso la Gran Bretagna, pronta a legittimare il nuovo dominio afgano.

Non è più escluso a priori dal primo ministro britannico Boris Johnson ma sarà “soggetto al rispetto da parte loro degli standard internazionalmente concordati sui diritti umani e dell’inclusione“. Vale a dire che dalle parti di Downing Street non c’è un pregiudizio contro chi, fino al 2001, picchiava le donne se uscivano per strada da sole o costringevano gli uomini a farsi crescere la barba. Sono passati venti anni e Johnson vuole vedere prima come si comportano.

D’altronde, è stato lo stesso Premier britannico a dirlo in un colloquio con Imran Khan, capo del governo del Pakistan. Quest’ultimo storicamente garantisce copertura agli studenti coranici. Johnson ha anche ribadito che l’eventuale riconoscimento sarà concesso “su basi internazionali e non unilaterali“.

Il ruolo di Cina, Russia e Pakistan

La Cina è “disposta a comunicare e dialogare” con gli Usa per promuovere una “transizione graduale” in Afghanistan, evitare una “nuova guerra civile o una catastrofe umanitaria” e che il Paese diventi un rifugio sicuro per il terrorismo, si legge nella nota diffusa dal ministero degli Esteri, che riferisce del colloquio di ieri tra il ministro Wang Yi e il segretario di Stato Usa, Antony Blinken.

Poi c’è la Russia. La preoccupazione del Cremlino è la sicurezza degli stati dell’Asia centrale lungo il suo confine meridionale. Husain Haqqani, ex ambasciatore pakistano negli Stati Uniti dal 2008 al 2011, ha detto questo. A Mosca i talebani hanno offerto ampie rassicurazioni. La Russia teme che i talebani incoraggino la mobilitazione di gruppi estremisti in Asia centrale e la Cina vuole assicurarsi che l’Afghanistan non diventi una base per i separatisti uiguri dalla regione cinese dello Xinjiang.

Insomma, Russia e Cina non vogliono problemi sul ciglio della porta di casa per cui serve un Afghanistan solido e i talebani sembrano disponibili. Ma i Talebani guardano soprattutto al Pakistan. Un maggiore riconoscimento internazionale permetterebbe loro di dipendere in futuro sempre meno dal Pakistan, che era fondamentale quando, negli anni ’90 gli estremisti islamici erano disconosciuti da tutti.

Oggi si proverebbe a capovolgere questo paradigma, escludendo il Pakistan che, a differenza di Russia e Cina, ha tutto l’interesse ad avere un vicino di casa amico e debole per non dover pensare alla questione della linea Durand, confine coloniale che per 2.640 chilometri separa Afghanistan e Pakistan. Confine molto opaco, ma riconosciuto internazionalmente. 

Pubblicamente il Pakistan vuole un vicino di casa che rispetti i diritti. “Con l’Afghanistan abbiamo legami storici e politici che non possono essere sottovalutati: e come molti altri Paesi siamo preoccupati per la situazione caotica che si è creata“. Lo dice l’ambasciatore del Pakistan in Italia Jauhar Saleem. “Per questo abbiamo facilitato il dialogo fra i talebani e gli Stati Uniti. Ciò ha poi portato agli accordi di Doha. Quello a cui auspichiamo che si arrivi ora è un processo di riconciliazione nazionale“.

Il Pakistan ha con i talebani “una relazione di vecchia data. A lungo abbiamo tenuto aperti canali diplomatici con loro. Poi sono arrivati al potere la prima volta”. Dunque il Pakistan vuole la pace? “Per anni ci hanno detto che i disordini erano colpa nostra. Ora che è successo quello che avevamo previsto sarà chiaro che noi non siamo responsabili“.