Alberto Sordi nella celebre scena degli spaghetti, tratta da "Un americano a Roma" (1954)
[ads1]Tredici anni fa, il 24 febbraio 2003, all’età di 82 anni moriva Alberto Sordi, uno degli attori più importanti della storia del cinema italiano, tra i “mostri sacri” della commedia all’italiana e il maggiore rappresentante della romanità. Nel giorno in cui ricorre il tredicesimo anniversario della sua scomparsa, ripercorriamo la sua carriera artistica:
Alberto Sordi nacque a Roma, il 15 giugno 1920, nel rione popolare di Trastevere, in via San Cosimato n. 7 (la casa, oggi, non c’è più ma è stata affissa una targa, per ricordarlo, sulle mura del palazzo di fronte); negli Anni 30 si trasferì a Milano per iscriversi all’Accademia dei filodrammatici, dove venne espulso per la dizione poco “pulita”. Nel 1937 iniziò a lavorare come comparsa a Cinecittà, così il debutto cinematografico avvenne, a 17 anni, nel film kolossal “Scipione l’Africano”, dove interpretava un soldato romano. Successivamente, vinse un concorso organizzato dalla Metro-Goldwyn-Mayer per doppiare la voce di Oliver Hardy (per intenderci, quello più robusto del famoso duo Stanlio e Ollio). In seguito, doppiò anche Anthony Quinn e persino Franco Fabrizi e Marcello Mastroianni, ma la sua voce è riconoscibile anche in “Ladri di biciclette” (1948) di Vittorio De Sica.
Tra il 1946 e il 1950, ottenne successo e popolarità in radio attraverso una satira pungente, la creazione di personaggi e la composizione di alcune canzoni. Durante la gavetta cinematografica, per oltre dieci anni interpretò ruoli secondari, come nei film “Le miserie del signor Travet” (1945), primo film in assoluto ad essere trasmesso in TV, e “Lo scocciatore (Via Padova 46)” (1953), ritrovato fortunosamente dalla Cineteca di Bologna proprio nell’anno della sua morte.
Alberto Sordi e Mario Zambuto nel 1946, mentre doppiano Stanlio e Ollio, presso gli stabilimenti “Scalera”
Ha recitato in circa 160 pellicole, tra le quali ricordiamo: “Sotto il sole di Roma” (1948); “Lo sceicco bianco” (1952) e il capolavoro neorealista “I vitelloni” (1953), entrambi di Federico Fellini; “Il seduttore” e “Un americano a Roma” (1954); “Lo scapolo” (1955), “Guardia, guardia scelta, brigadiere e maresciallo” (1956), “Venezia, la luna e tu” (1958) e “Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Africa?” (1968) con Nino Manfredi; “Il vedovo”, “Il moralista” e “La grande guerra”, considerato uno dei migliori film italiani sulla guerra (1959); “Tutti a casa”, “Crimen” e “Il vigile” (1960); “Il medico della mutua” (1968); “Amore mio aiutami” (1969), “Polvere di stelle” (1973) e “Io so che tu sai che io so” (1982) con Monica Vitti; “Il presidente del Borgorosso Football Club” (1970); “Detenuto in attesa di giudizio” e “Bello, onesto emigrato Australia sposerebbe compaesana illibata” (1971); “Il marchese del grillo” (1981).
Alberto Sordi si è cimentato anche dietro la macchina da presa, esordendo nel 1966 con “Fumo di Londra”. Ha diretto complessivamente 19 film, tra cui: “Finché c’è guerra c’è speranza” (1974); “Io e Caterina” (1980); il road movie “In viaggio con papà” (1982) con Carlo Verdone, considerato il suo erede (entrambi hanno recitato insieme anche in “Troppo forte”, quattro anni dopo); “Il tassinaro” (1983); il commovente e malinconico “Nestore, l’ultima corsa” (1994); e “Incontri proibiti” (1998), che ha chiuso, purtroppo in modo mediocre, la sua filmografia di attore e regista.
Alberto Sordi ha interpretato spesso, in ruoli memorabili, l’italiano medio, rimarcandone le bassezze, i costumi, l’atteggiamento servile, i valori negativi e i vizi. Un attore straordinario e indimenticabile, che ha dato prova della sua versatilità recitativa nel capolavoro “Un borghese piccolo piccolo” (1977) di Mario Monicelli, dove ha raggiunto l’apice della sua carriera con un’interpretazione drammatica e intensa.
Alberto Sordi nella drammatica scena di “Un borghese piccolo piccolo” (1977)
Intanto, la sua casa di via Druso, posta all’interno del parco archeologico delle Terme di Caracalla, potrebbe presto diventare un museo, mentre oggi la cappella di famiglia, al Cimitero del Verano, sarà aperta al pubblico.
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