Sono passati 45 anni da quando, in via Caetani a Roma, in una Renault 4 rossa, il corpo di Aldo Moro venne ritrovato. Tutto ha inizio il 16 marzo 1978 quando, in via Fani, un nucleo armato delle Brigate Rosse fermò l’automobile su cui viaggiava il presidente della DC, uccidendo i cinque uomini della scorta e rapendo il politico pugliese. Quel giorno persero la vita Giulio Rivera e Raffaele Iozzino, il vicebrigadiere Francesco Zizzi, l’appuntato Domenico Ricci e il maresciallo Oreste Leonardi.
La prigionia di Moro durò 55 giorni in quella che poi verrà definita “la prigione del popolo“. In questo mese e mezzo, scrisse 86 lettere destinate ad alcuni membri della Democrazia Cristiana e la sua famiglia, ma anche ai principali quotidiani italiani e al Papa Paolo VI.
Le Brigate Rosse, invece, emisero nove comunicati. Con questi cercarono di avviare una possibile trattativa con lo Stato. Questa, però, non avvenne mai e con il nono e ultimo comunicato, i sequestratori annunciarono di voler mettere fine alla vita di Moro. Lasciarono l’auto con il corpo nelle strade del centro di Roma. La comunicazione dell’avvenuto delitto fu data dal brigatista Valerio Morucci con una telefonata al professor Francesco Tritto, uno degli assistenti di Moro.
Il 9 maggio del 1978 l’Italia assisteva ad un’altra tragedia: l’uccisione del giornalista Peppino Impastato per mano della mafia siciliana.
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