La Bce ha alzato i tassi d’interesse di mezzo punto, una svolta storica per combattere l’inflazione. L’ultimo rialzo dei tassi di interesse infatti risaliva al 2011. Il tasso principale sale a 0,50%, il tasso sui depositi a zero e il tasso sui prestiti marginali a 0,75%. La Banca Centrale Europea, inoltre riunitasi ieri nel Consiglio direttivo, ha inoltre varato lo scudo anti-spread. Ovvero lo “strumento di protezione del meccanismo di trasmissione della politica monetaria (Transmission Protection Instrument, TPI): assicurerà che “l’orientamento di politica monetaria sia trasmesso in modo ordinato in tutti i paesi dell’area dell’euro“.
I tassi di interesse sono sostanzialmente il “prezzo del noleggio del denaro”. L’innalzamento di questi tassi da parte dlela Bce viene a configurarsi come uno strumento per frenare l’inflazione in costante aumento. Attraverso l’aumento dei tassi di interesse si intende infatti scoraggiare il consumo e gli investimenti riducendo la domanda aggregata. Tassi di interesse in Europa più alti dovrebbero contribuire ad aumentare il tasso di cambio, in gergo tecnico ad apprezzare l’euro, con effetti deflattivi. I tassi di cambio non sono un target della Bce, ma un loro controllo anche solo indiretto, cioè come conseguenza della normale conduzione della politica monetaria, permette di evitare l’esportazione oggi di inflazione, negli ultimi anni di deflazione, dagli Stati Uniti all’area Euro.
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