11 Maggio 2017 - 09:28

Bob Marley, 36 anni fa scompariva la leggenda del reggae

bob marley

L’11 maggio 1981 moriva Bob Marley, il celebre cantante e musicista giamaicano che ha diffuso il reggae nel mondo. A più di trent’anni dalla sua scomparsa vogliamo ricordare le tappe più importanti della sua vita

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Robert Nesta Maley, più noto come Bob Marley, nasce il 6 febbraio 1945 a Nine Mile, un villaggio di poche centinaia di anime nella parte interna della Giamaica. Circa vent’anni più tardi intraprenderà la sua strada nel mondo della musica come principale esponente del reggae, un nuovo genere che esporterà dalla Giamaica al resto del mondo. A più di trent’anni dalla sua scomparsa, Bob Marley è ancora un elemento chiave della cultura musicale di numerose generazioni, giungendo ai giorni nostri come un artista del tutto attuale. Ascoltato tanto da i figli dei fiori di Woodstock ’69 quanto dai millenials smartphone-dipendenti, la sua musica innovativa rimane un mezzo di rivoluzione contemporanea.

L’infanzia nel ghetto di Kingston

È il figlio Norval Sinclair Marley, un giamaicano bianco di origini inglesi, e di Cedella Booker, scrittrice e cantante discendente dagli schiavi trasportati nell’isola dal Ghana. La relazione, scandalosa per quei tempi, tra una allora diciottenne nera ed un sovraintendente delle piantagioni bianco, come prevedibile, non ebbe un esito felice. Abbandonata dal marito prima ancora della nascita di Bob, madre e figlio si trasferiscono a Trenchtown, i bassifondi della capitale Kingston, non potendo permettersi di meglio.

Durante questi anni è vittima di bullismo, argomento spesso affrontato anche nelle sue canzoni, a causa delle sue origini razziali miste. “Mio padre era bianco e mia madre era nera. Mi chiamano mezzosangue, o qualcosa del genere. Ma io non parteggio per nessuno, né per l’uomo bianco né per l’uomo nero. Io sto dalla parte di Dio, colui che mi ha creato e che ha fatto in modo che io venissi generato sia dal nero che dal bianco”, queste le sue parole. Nonostante i duri ambienti del sobborgo della capitale giamaicana, in cui aleggiavano violenza e criminalità, Bob si mantiene lontano da uno stile di vita pericoloso. Piuttosto si converte ufficialmente dal cristianesimo al rastafarianesimo: si fa  crescere lunghi dreadlocks ed inizia a fare uso di marijuna a scopo religioso.

Gli esordi e “The Wailers”

Nel 1961 debutta con il singolo Judge Not, che non riscosse un grande successo. Si tratta di un brano che rispetta a pieno i canoni della ska tradizionale, senza anticipare ancora nulla di quello stile grazie al quale è universalmente conosciuto. Nel frattempo nel ghetto di Trenchtown sbocciano anche dei fiori tra il cemento: The Wailers – “I Piagnoni”-  è la band che Bob Marley, insieme agli amici musicisti Pete Tosh e Bunny Livingston, fonda nel 1964. Il primo singolo ad essere pubblicato è Simmer Down, un invito alla calma e alla tranquillità rivolto alla Giamaica di quegli anni, che da poco aveva conseguito l’indipendenza dalla corona inglese.

Bob Marley, Pete Tosh e Bunny Livingston

Nel decennio a seguire i Wailers ottengono grandi successi, divenendo il più famoso gruppo della nazione. Grazie all’incontro con il produttore Lee “Scratch” Perry le sonorità della band iniziano gradualmente a trasformarsi, fino a dare alla luce il reggae. Questo nuovo genere musicale, discendete dallo ska e sviluppatosi come variante del rocksteady, diviene l’effigie ufficiale di Marley. In questo periodo viene pubblicato il primo album su scala mondiale, Catch A Fire (1973). Qualche mese dopo segue Burnin’, in cui sono contenuti alcuni tra i brani più noti di sempre, come Get Up, Stand Up e I Shot the Sheriff (di cui Eric Clapton realizzò una cover, elevando lo spessore internazionale della band giamaicana).

Il successo mondiale: “Bob Marley & The Wailers”

Nel 1974 a seguito dell’uscita dal gruppo di due cofondatori storici, Pete Tosh e Bunny Livingston, il nome della band cambia in Bob Marley and The Wailers. Questo nuovo percorso rappresenta una carriera da solista a tutti gli effetti, senza però mai perdere il supporto dei musicisti che ancora componevano i Wailers e delle coriste de I Threes (di cui faceva parte anche Rita Marley, sua moglie).

La popolarissima No Woman, No Cry , contenuta nell’album Natty Dread (1975) invade prepotentemente le scena musicale internazionale, segnando l’ascesa definitiva dell’artista. Una curiosità a riguardo: nonostante il testo della canzone sia stato realmente scritto da Bob Marley, i diritti d’autore furono, invece, intestati a Vincent Ford, un amico d’infanzia del cantante; in questo modo gli vennero garantite le entrate necessarie alla sopravvivenza del suo locale, punto di ristoro della povera gente di Trenchtown, il ghetto di Kingston. Frattanto il successo mondiale continua con gli album registrati a Londra, Exodus (1977) e Kaya (1978), in cui sono contenute tracce dalla fama mondiale, come Jammin’, One Love, Natural Mystic, Is this Love e Easy Skanking.

I testi delle sue canzoni richiamano spesso temi quali la lotta alla discriminazioni e all’oppressione razziale (si pensi a Redemption Song), l’unificazione dei popoli di origine africana (come in Africa United) ed argomenti religiosi e di natura pacifista.

Bob Marley in concerto allo stadio San Siro di Milano, 27 giugno 1980

La malattia e gli ultimi progetti

Nel 1977 gli viene diagnosticato un melanoma maligno, che stava crescendo sotto l’unghia dell’alluce e che, inizialmente, credeva fosse una semplice ferita procurata durante una partita di calcio. Malgrado il rapido incalzare della malattia, non si ferma neppure per un secondo tra registrazioni, concerti e impegni politici. Nel 1978 gli viene conferita, a nome di 500 milioni di africani, la medaglia della pace dalle Nazioni Unite ed organizza anche il One Love Peace Concert, un grande concerto a scopo politico durante la guerra civile giamaicana. Nel 1980 arriva Uprising, l’ultimo album, a cui seguì un tour europeo, durante il quale si svolse il suo più grande concerto a Milano con un pubblico di 100.000 persone.

A seguito di cure superficiali, adottate a causa dei contrasti etici rispetto alle sue credenze religiose, il tumore si estese fino al cervello, provocandone la morte ad appena 36 anni. E così l’11 maggio 1981, in viaggio dalla Germania alla Giamaica, con una deviazione d’urgenza in Florida, muore a Miami Robert Nesta Marley.

Nonostante una vita molto breve, il suo percorso artistico è stato così intenso da aver prodotto un patrimonio musicale eterno, che ancora oggi rappresenta lo stendardo di pace contro la violenza e le discriminazioni di ogni genere.

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