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Bullismo e disagio giovanile, Andreoli: “Non è colpa di genitori e insegnanti. Il problema è più profondo”

Il bullismo non è una questione di colpe, ma di relazioni interrotte e educazione emotiva negata. Lo ha ribadito con forza lo psichiatra Vittorino Andreoli durante un incontro al Salone del Libro di Torino, intervistato da Stefania Chiale del Corriere Torino.

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Per Andreoli, è ormai fuorviante e limitante puntare il dito contro genitori o insegnanti. «È sbagliato dare la colpa alla madre, al padre o alla professoressa di matematica solo perché ha dato un 5 – ha affermato –. La verità è che i ragazzi oggi vivono scollegati dalla realtà che li circonda, spesso ingabbiati nella tecnologia e privi di punti di riferimento stabili».

Scuola e educazione emotiva: un’urgenza sottovalutata

Il cuore del problema, secondo Andreoli, sta nell’incapacità crescente dei giovani di gestire le proprie emozioni, sommersi da frustrazione e rabbia, in un mondo dove diventa difficile persino distinguere il bene dal male. In questo scenario, la scuola dovrebbe avere un ruolo centrale, ma spesso non riesce a contrastare la mancanza di relazioni autentiche tra studenti. «Un ragazzo di 15 anni passa quattro ore al telefono e quattro a scuola – osserva lo psichiatra – poi torna a casa e magari non trova neppure serenità. È qui che nasce il rischio di comportamenti distruttivi».

Tecnologia e disagio: tra connessione e solitudine

L’uso massiccio della tecnologia non solo isola, ma contribuisce ad amplificare il disagio. Oggi gli adolescenti passano ore incollati allo smartphone, riducendo il tempo per le relazioni reali. Il cyberbullismo, a differenza del bullismo tradizionale, non ha limiti di tempo o di spazio: segue i ragazzi anche dopo l’orario scolastico, alimentando ansia e senso di impotenza. Le scuole, secondo Andreoli, devono affrontare una doppia sfida: educare all’uso consapevole dei social e intervenire con tempestività quando la violenza digitale si manifesta.

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Famiglia e scuola: un’alleanza da ricostruire

Se la tecnologia è un fattore di rischio, la relazione tra famiglia e scuola è un elemento chiave troppo spesso sottovalutato. Andreoli critica l’abitudine a scaricare responsabilità su una sola delle due parti. Il cosiddetto “Patto educativo di corresponsabilità” esiste formalmente, ma spesso resta inapplicato nella quotidianità. Secondo lo psichiatra, servirebbero incontri regolari, non solo per discutere voti o condotte, ma per elaborare strategie comuni legate all’educazione emotiva e alla prevenzione del disagio.

Anche gli sportelli di ascolto psicologico nelle scuole potrebbero rappresentare un ponte efficace tra genitori e docenti, a patto che non vengano utilizzati solo nei casi estremi. Dovrebbero, invece, diventare strumenti ordinari per il benessere degli studenti, parte integrante della vita scolastica.

Per Andreoli, la chiave sta nell’abbandonare la logica del colpevole e iniziare a costruire un’educazione fondata sull’empatia, sull’ascolto e sulla responsabilità condivisa.

 Fonte: orizzontescuola.it – articolo di Andrea Carlino

Andrea Vitale

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