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Negli ultimi giorni la Cecenia è stata protagonista di una discussione internazionale riguardante la detenzione illegale di un centinaio di uomini gay in un centro di prigionia ad Argum. Secondo vari testimoni, i detenuti vengono sistematicamente torturati. Almeno tre persone sarebbero state uccise. La denuncia arriva dal quotidiano indipendente russo Novaya Gazeta, che ha riportato la testimonianza di due sopravvissuti. «Ci hanno fatto l’elettroshock. Era molto doloroso. Ho resistito finché non ho perso i sensi e sono caduto a terra. Ci picchiavano con dei tubi. Sempre sotto la vita. Ci dicevano che siamo “cani che non meritano di vivere”»
Un’altra denuncia è stata fatta da Ilga, la più importante associazione europea LGBT e dalla Rete Lgbt Russa, che ha istituito anche un numero riservato per raccogliere le diverse testimonianze. L’accusa è gravissima, si parla del primo campo di concentramento per omosessuali in Europa dalla caduta di Hitler. La smentita delle autorità cecene è arrivata subito, tuttavia le motivazioni addotte risultano essere un “chiaro incitamento all’odio” e inverosimili. «Non si possono detenere e perseguire persone che semplicemente non esistono nella Repubblica Cecena. – ha infatti dichiarato Ramzan Kadyrov – se ci fossero, le forze dell’ordine non avrebbero bisogno di avere a che fare con loro, perché i loro parenti li manderebbero in un luogo da cui non c’è più ritorno».
Sorprendentemente preoccupanti anche le parole di Kheda Saratova, membro del Consiglio per i diritti umani ceceno :«Nella nostra società, chiunque rispetti le nostre tradizioni e cultura darà la caccia a questo tipo di persone senza bisogno di aiuto da parte delle autorità, e farà di tutto perché questo tipo di persone non esista»
Secondo quanto ricostruito da Novaya Gazeta, le persecuzioni sarebbero iniziate alla fine di febbraio, in seguito all’arresto di un uomo sotto effetto di droga e al ritrovamento di immagini a “contenuto omosessuale” nel suo cellulare. Da qui sarebbe partita l’ondata di arresti e torture oggi denunciata anche dalla stampa internazionale. Secondo alcuni testimoni anonimi, le forze dell’ordine avrebbero lasciato accesi i cellulari delle persone fermate per poi prelevare chiunque li chiamasse o venisse percepito come omosessuale. Il quotidiano russo cita fonti riservate secondo le quali avrebbero partecipato alle persecuzioni anche il portavoce del parlamento Magomed Daudov e Aub Kataev, ministro dell’Interno.
Secondo quanto dichiarato da uno dei sopravvissuti, nel campo di concentramento ci sarebbero fino a cento persone. Nei suoi racconti descrive le torture a loro inflitte: «I detenuti venivano interrogati, costretti a sedersi su delle bottiglie, picchiati. Alcuni venivano percossi fino a un attimo prima che morissero e poi riconsegnati ai familiari. C’erano solo tre modi per uscire da lì: pagare una somma enorme di denaro, dare i contatti di altri, o essere dati in mano a dei parenti perché fossero loro a finire il lavoro». La Rete Russa LGBT fa sapere di essere all’opera per permettere ai sequestrati di lasciare il campo. «Chi è riuscito a fuggire ha raccontato che i prigionieri sono tenuti nelle stesse stanze e le persone sono raggruppate a gruppi di 30 o 40 – ha dichiarato al daily Mail Svetlana Zakharova, componente della Rete Russa LGBT – Vengono torturate con l’elettricità e picchiate pesantemente, in alcuni casi anche a morte».
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