Twitter: @ChapecoenseReal
A volte il destino si intreccia con la tragedia. E’ un tragica coincidenza che fa venire i brividi per il destino della Chapecoense. Esattamente 3 anni fa, il 28 novembre del 2016, l’incidente aereo che distrusse completamente la squadra mentre raggiungeva Medellin per giocare la finale della Coppa Sudamericana.
Ora a tre anni esatti è arrivata la retrocessione, la prima da quando il club è salito per la prima volta in serie A. Un durissimo colpo che può portare conseguenze terribili.
Subito dopo la tragedia di tre anni fa, infatti, tutti i club della serie A brasiliana offrirono alla Chapecoense una clausola anti-retrocessione: per tre anni, con qualunque piazzamento, la squadra non sarebbe retrocessa.
Il presidente Ivan Tozzo rifiutò: “Non sarebbe moralmente adeguato esigere dalle altre squadre che ci mantengano in serie A senza competere, non è arroganza ma semplicemente riconosciamo che le altre squadre non hanno l’obbligo di salvarci, non è necessario che ci facciano questo favore. Se perderemo, retrocederemo, se vinceremo, resteremo in serie A. Il posto si conquista sul campo”.
Il club accettò solo un aiuto economico, che arrivò sotto forma di contributi ma soprattutto di giocatori regalati o prestati dagli altri club.
Adesso il rischio per la Chapecoense è addirittura quello del fallimento. Nei prossimi mesi si arriverà a una sentenza per i rimborsi dovuti ai familiari delle vittime della tragedia e il costo da sostenere sarà tremendo.
Se si mettono in conto un forte calo degli introiti per spettatori allo stadio e diritti televisivi, la situazione diventa ingestibile. Il prossimo passo sarà la cessione dei giocatori più forti rimasti in organico, a partire dall’attaccante Everaldo. Ora monta la polemica contro il presidente Tozzo: perché rifiutare la proposta che metteva d’accordo tutti?
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