A due anni di distanza dall’ultima fatica discografica, il rapper Clementino torna con un nuovo disco di inediti in cui fa un salto indietro negli anni tra sonorità old school e rime da freestyle
“Simm ro sud frà, ra lungomare a Marechiaro”.Inizia così
“Uè ammò”, primo brano del nuovo album di Clementino pubblicato
lo scorso 24 marzo a distanza di due anni dal precedente
“Miracolo”. Una prima frase secca, dialettale e diretta con dedica alla sua provenienza, cosa che
costituisce anche il tema portante dell’intero progetto. Non è un caso, quindi, se anche il titolo di questo nuovo Lp sia
“Vulcano”, altro richiamo alla sua Napoli e scelto perchè,
come ha affermato lo stesso rapper,
“credo di essere un vulcano, sono pieno di fuoco dentro”. Quello citato da Clementino
è lo stesso metaforico fuoco che nel corso degli ultimi anni tanti fan o appassionati del genere hanno potuto vedere dal vivo in occasione degli altrettanti appuntamenti live che hanno portato l’artista ad esibirsi in tutta Italia e durante i quali si è dimostrato più volte
un vero e proprio vulcano di energia. Fortunatamente quell’attitudine non è rimasta sospesa in aria ma è stata finalmente convogliata anche in un disco che
immediatamente sembra segnare un ritorno al passato, ai tempi di
“NapoliManicomio” ed al voler
“fare quello che piace a me, non quello che piace alla gente”(ipse dixit). Questo ultimo assioma è immediatamente confermato già da un primo ascolto sommario del progetto che, dal punto di vista melodico e ritmico,
suona molto old school ed altrettanto underground grazie ad una serie di produzioni,
prive di fronzoli o ammenicoli, che immergono l’ascoltatore in pieno
scenario West Coast americano. Esempi emblematici in tal senso sono
“Coffeeshop”,
“Keep calm and sientete a Clementino” e soprattutto il pezzo in coda all’album intitolato
“Paolo Sorrentino”, dedicato proprio al noto regista napoletano, tutti costituiti da
punchline ad effetto che si inseriscono su di una ritmica molto cruda. Alla stessa categoria un pò grezza apparterebbe anche
“Cenere” se non fosse contaminata dall’
unico abbozzato utilizzo del tanto in voga autotune, forse scelto per rendere maggiormente incisivo il ritornello per un risultato complessivo che, tuttavia, non dispiace. Sempre dal punto di vista musicale qualche arricchimento maggiore può essere rintracciato nella simil reggae
“Stamm cà”,
dotata di un campionamento in sottofondo molto accattivante, o nelle melodiche
“Deserto” e
“La cosa più bella che ho” che insieme alla sanremese
“Ragazzi fuori” rappresentano
gli unici brani meno aggressivi di tutto l’album. Dal punto di vista prettamente metrico, invece, Clementino sembra rendersi protagonista solitario di
un vero e proprio grande freestyle condotto in “one man show”, che va ad occupare circa tre quarti di album. Questa considerazione si riscontra principalmente per due aspetti: in primis scorrendo la tracklist si nota immediatamente la
totale assenza di featuring o di co-partecipazioni che, invece, hanno sempre costituito un must degli altri lavori discografici dell’artista campano. Un fattore, questo, che forse sta a dimostrare la possibile voglia di cambiamento ricercata da Maccaro che se la canta e se la suona ad solo,
proprio come fa un vulcano durante le sue eruttazioni. In secondo luogo la parte lirica,
grazie anche all’ampio utilizzo del dialetto presente nel 90% dei pezzi, è adattata perfettamente a quella ritmica esaltando all’estremo l’atmosfera old school, citata precedentemente, tramite giochi di parole ed incastri verbali su cui però, obiettivamente,
in diverse occasioni si sarebbe potuto osare e ricerca qualcosa di più. In tal senso pezzi come
“SpartaNapoli”,
“A capa sotto” o
“Joint” risultano essere esempi emblematici di come
la commistione tra bassi alla U.S.A e punchline in stile freestyle da battle possano sommarsi in maniera ottimale generando un risultato che può funzionare. Nel complesso, quindi, il “Vulcano” di Clementino è senza dubbio un album ben organizzato,
studiato dal punto di vista musicale per avere una direzione ben precisa e pregno di un background hip hop non indifferente che, molto probabilmente, farà felice i tanti appassionati del genere ma che non accontenterà gli ultimi arrivati o chi ha conosciuto l’artista napoletano solo per
“O vient”.