Accanto ad un generale inasprimento delle pene per chi si rende colpevole di reati sessuali, il ddl Codice Rosso-approvato ieri in Senato con 197 voti a favore-, introduce i reati di revenge porn e sfregio del volto.
Nel primo caso l’articolo 613 ter. del Codice Penale, punisce la diffusione di immagini o video sessualmente espliciti con una multa che va da 5 a 15mila Euro e con la misura penitenziaria che può andare da uno a sei anni. La pena può subire un aumento nel caso in cui la “vendetta sessuale” sia attuata dal coniuge, ai danni di una donna in stato di gravidanza o per causar danno ad un soggetto in chiara inferiorità psicofisica.
Lo “sfregio del volto” è invece punito con il regime carcerario (da 8 a 14 anni) che può anche tramutarsi in ergastolo nel caso in cui la deformazione causi la morte della vittima.
Fa parte dei 21 articoli del ddl anche un emendamento voluto dall’onorevole Mara Carfagna, che punisce chi tenti di contrarre matrimonio facendo appello sul ricatto, sulla violenza e sulla inferiorità psicofisica del soggetto. Le pene si inaspriscono se il reato coinvolge un minore, o comunque un soggetto che al momento del fatto non ha ancora compiuto i 14 anni d’età.
Altra novità del Codice Rosso è la velocizzazione dei tempi di iscrizione del reato di violenza sessuale: come avviene in Pronto Soccorso per i casi più gravi, la denuncia può essere raccolta subito anche in forma orale. In ogni caso la vittima avrà 12 mesi (prima erano sei) per denunciare il fatto.
Inoltre, il pm sarà tenuto ad ascoltare la vittima entro tre giorni dall’iscrizione del reato di violenza sessuale.
Soddisfazione per l’approvazione del ddl è stata espressa da tutta la maggioranza: in particolare, la ministra della Pubblica Amministrazione Giulia Bongiorno auspica ora un’ammortizzazione dei tempi dei processi penali.
E se la Lega promette un provvedimento ad hoc per introdurre la castrazione farmacologica volontaria di coloro che si macchiano di violenza sessuale e vogliano ottenere la sospensione condizionata della pena, il Premier Conte vede nel ddl “un primo passo verso la rivoluzione culturale di cui il Paese ha bisogno”.
La misura è invece giudicata “insufficiente” dal Pd, che infatti si è astenuto: “senza le necessarie risorse aggiuntive”, si sostiene a più voci, “sono diritti non esigibili”.
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