È una storia a lieto fine quella di Mattia tornato finalmente a casa dopo un mese. Un sorriso tra le tante lacrime versate per Bergamo, Brescia, Milano e tutte le città colpite dal tremendo coronavirus. Mattia potrà ritornare ad abbracciare la moglie – anch’essa colpita dal virus e guarita pochi giorni fa – e aspettare la nascita della sua prima figlia.
“Respira da solo – annuncia Raffaele Bruno, primario di malattie infettive del policlinico San Matteo di Pavia – lo abbiamo appena staccato anche dall’ultima macchina. Finalmente posso dirlo: sta guarendo. Ora piange perché è felice: sa che la vita gli ha regalato il tempo per veder nascere la sua prima figlia.”
Ma non è ancora finita, lo sanno bene medici e infermieri, che continuano a lavorare senza sosta per permettere che tutti i loro pazienti possano tornare a casa e riabbracciare le rispettive famiglie. “Per noi sono tutti Pazienti 1” afferma con orgoglio Raffaele Bruno “Tutti hanno bisogno del nostro massimo impegno.”
La storia di Mattia inizia il 18 febbraio quando si presenta al pronto soccorso dell’ospedale di Codogno a causa di quella che lui, e anche i medici, credevano fosse una lieve polmonite. E così era tornato a casa. Poco dopo si ripresenta in ospedale “per un peggioramento dei sintomi”, e viene ricoverato nel reparto di medicina. Un ulteriore peggioramento lo porta all‘intervento del rianimatore. A quel punto, la mattina del 20 febbraio, la moglie informa l’anestesista di una cena, svoltasi a fine gennaio, dove era presente un amico rientrato dalla Cina. Si trattava del presunto ‘paziente zero’ italiano che poi è risultato non positivo al tampone. Il 21 febbraio Mattia viene trasferito al Policlinico San Matteo di Pavia a causa dell’aggravarsi delle sue condizioni, poi il miglioramento avvenuto lo scorso 9 marzo fino alla buona notizia di questi giorni.
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