Coronavirus: paura di essere spiati su Zoom? Ecco come difendersi

Episodi razzisti e pornografici, allarme per la privacy dei dati personali. La piattaforma Zoom – esplosa durante il periodo di emergenza Coronavirus – corre ai ripari

L’emergenza coronavirus ha costretto milioni di persone a ridisegnare gli spazi per la socialità. E così bar, uffici, palestre, scuola e università si sono trasformate in videochat online. La piattaforma che più di tutte ha cavalcato l’onda dell’emergenza raddoppiando i propri utenti è Zoom.

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Ma non è tutto oro quello che luccica. E così, parallelamente, a lezioni, riunioni, chiacchiere con amici si sono verificati episodi spiacevoli. Sono emersi grossi problemi di sicurezza e privacy. Dagli attacchi di troll organizzati, con contenuti razzisti e pornografici nel mezzo di riunioni di lavoro o chat personali, alle “goliardate” dei gamer che hanno trasferito intere lezioni online su piattaforme di videogiochi – una tale quantità di episodi da far coniare al volo il nuovo termine di “zoombombing”. Fino al sospetto – negato da Yuan in persona – che l’azienda abbia accesso e lucri sui dati personali degli utenti.

Ultima notizia è l’abbandono della piattaforma di un utente di eccellenza: Elon Musk.  Il tycoon e prolifico tecnoinventore, a capo di Tesla e Space X, ha ordinato che nella sua azienda di tecnologia aerospaziale venga impedito l’utilizzo della piattaforma di videochat collettiva. Si blinda anche la Nasa, cliente di SpaceX, e vieta l’uso di Zoom ai suoi impiegati.

Cosa fare per proteggersi

Zoom corre ai ripari cercando di restare la prima alternativa per parlare con amici e colleghi durante l’emergenza coronavirus. Ecco alcuni passaggi – suggeriti dalla stessa piattaforma – da fare per poter usufruire dei servizi in tutta sicurezza.

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  1. Mai diffondere il link del nostro meeting sui social. Una volta finito su Facebook o Instagram, o persino in una chat di WhatsApp con un grande numero di iscritti che non conosciamo tutti personalmente, l’incontro diventa di fatto pubblico, e come tale vulnerabile ad attacchi.
  2. Autenticazione a due fattori. Per riunioni pubbliche non utilizzare se possibile l’identificativo personale (PMI), che equivale a una sala perennemente aperta, nel caso fornire alla lista di partecipanti una password per verificare che possano accedere. Si può creare il meeting con un identificativo generato in modo random, anche qui con password.

 

Angela De Lise

Scrivere è il mio primo amore. La sensazione di mettere nero su bianco le proprie idee, i propri pensieri non sarà mai paragonabile a nulla. Amo leggere, viaggiare, esplorare. Appassionata del mondo digitale ho conseguito la laurea triennale in Scienze della Comunicazione e la laurea magistrale in Corporate Communication and Media all'Università degli Studi di Salerno.

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