Presenti alla conferenza sul clima delle Nazioni Unite COP26 di Glasgow i rappresentati di oltre 200 paesi. L’accordo finale raggiunto nella giornata di sabato sancisce un rinnovato impegno da parte dei paesi del mondo per contrastare il surriscaldamento globale.
L’accordo coinvolgerebbe una riduzione dell’utilizzo di carbone, il combustibile fossile attualmente più inquinante. Eppure, l’accordo è stato giudicato dagli stessi partecipanti molto carente. Ad aggiungersi al coro dei delusi anche i gruppi ambientalisti, poiché se da un lato la promessa di tenere le temperature globali medie sotto 1,5° appare fattibile, dall’altro però, l’obiettivo rimane distante.
Il nodo cruciale della COP26 sarebbe stato proprio l’accordo dei Nationally Determined Contributions (NDC) sulla neutralità carbonica, ovvero l’impegno dei singoli paesi ad arrivare alla condizione in cui si emettono tanti gas serra quanti se ne rimuovono dall’ambiente. I partecipanti si sono così impegnati a raggiungere gli obiettivi da qui al 2030 e ridiscuterne ogni anno e non più ogni cinque anni.
Come osserva la BBC, le strategie elaborate durante la conferenza sul clima permetterebbero, in realtà, di mantenere le temperature medie globali sotto 2,4° e non come stabilito sotto 1,5°. Una tale eventualità, molto più realistica rispetto ai patti, dipingerebbe un quadro molto più allarmante, con una maggiore frequenza di eventi meteorologici sempre più estremi, come alluvioni, incendi e ondate di caldo, ma anche un’accelerazione dei processi più pericolosi, come lo scioglimento dei ghiacciai.
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