La Corte costituzionale si è espressa ieri sera sul fine vita ed in particolare sul caso di Marco Cappato, che nel febbraio 2017 accompagnò Fabiano Antonioni, in arte Dj Fabo, in una clinica svizzera per finirla, una volta per tutte, con il male che lo affliggeva.
«In attesa del deposito della sentenza, l’Ufficio stampa fa sapere che la Corte ha ritenuto non punibile ai sensi dell’articolo 580 del codice penale, a determinate condizioni, chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli».
Il quarantenne milanese tetraplegico, in Svizzera a morire come chiedeva da anni dopo essersi ritrovato dopo un incidente imprigionato in un corpo come una prigione, completamente cieco.
La reazione è immediata: “Da oggi tutti più liberi, anche quelli che non sono d’accordo”, dice Cappato.
Dj Fabo si era rivolto al Presidente della Republica Mattarella, lanciando un accorato appello.
Fabo specificava che questa decisione non scaturisce da un suo stato depressivo persistente, ma è frutto di una radicata consapevolezza: quella che il suo stato potrebbe durare anche decenni, e sarebbe proprio questo ad essere insopportabile per lui.
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