Politica

Draghi: cosa succede dopo la rottura sul Milleproroghe?

La ribellione dei partiti sul Milleproroghe ha fatto andare su tutte le furie Mario Draghi. Quali sono gli scenari possibili ora?

Non sono giorni felici, al Governo. Che la nottata tra il 16 e il 17 Febbraio tra i palazzi sia stata movimentata e infuocata è ormai quasi Storia. E Mario Draghi non ha minimamente gradito il comportamento dei suoi alleati. Tanto da porli dinanzi ad un ultimatum molto forte (con un particolare occhio di riguardo per la Lega di Matteo Salvini). Sono infatti passati alcuni emendamenti per il Milleproroghe che non avevano avuto l’approvazione dell’esecutivo.

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In particolare, Mario Draghi si riferisce al dietrofront sul tetto al contante, così come ad alcuni cambiamenti di marcia sull’ex Ilva, le graduatorie della scuola e i test sugli animali. E contro questi provvedimenti hanno votato di volta in volta tutti i partiti che fanno parte della maggioranza di Governo. Una situazione decisamente incresciosa, tanto che il presidente del Consiglio è ampiamente andato su tutte le furie per i 4 voti nelle commissioni Bilancio e Affari Costituzionali.

Una situazione che sa tanto di esplosione imminente. I capigruppo della maggioranza hanno ricevuto una strigliata senza eguali a causa di un ultimatum posto dallo stesso ex presidente della BCE. O si garantisce il pieno sostegno in Parlamento per quel che riguarda tutte le misure, oppure il Governo entra in crisi, cade e si va ad elezioni anticipate. Una mossa che potrebbe far felice i partiti, ma che in realtà ne decreterebbe l’effettiva sconfitta. Perché, in questo momento, nessuno ha l’effettiva maggioranza e tantomeno si può permettere di fare “piazza pulita”.

Una strigliata che ha come oggetto soprattutto la Lega di Matteo Salvini, che è sempre più ad un bivio fondamentale, in piena crisi d’identità e con l’acqua alla gola. Cosa sta accadendo nella coalizione? Scopriamolo nello specifico.

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Cosa sta accadendo nel Governo Draghi?

Il mal di pancia proviene direttamente, come detto, dal centrodestra. Ci pensa il componente della Commissione Bilancio della Camera, Claudio Borghi, a spiegare il perché del malessere leghista.
Diciamo che il centrodestra è “responsabile” di uno dei quattro voti contrari, quello sull’emendamento sui contanti. Tutto è nei resoconti pubblicamente consultabili. Ciò che è successo è frutto di una reazione comprensibile rispetto alla compressione del ruolo del Parlamento che va avanti da ormai due anni.” ha dichiarato Borghi.

Lo stesso ha poi proseguito: “Si consideri però che stiamo parlando di un voto in commissione. Perché poi quando si va in aula il Governo mette la fiducia. Noi lì voteremo anche per quegli emendamenti che sono passati e contro cui abbiamo votato in commissione, e lo stesso accadrà a PD e Movimento 5 Stelle.
Questo è un chiaro messaggio a Mario Draghi, in quanto la sua linea decisionista (per nulla super partes, anzi molto politica) continua a provocare discreti mal di pancia alle due fazioni.

Il problema sta tutto nel ruolo del Parlamento, che si sente esautorato dai suoi obblighi e praticamente azzerato e sostituito nelle sue funzioni. Una critica proveniente anche dal Movimento 5 Stelle, mai stato così sul piede di guerra con il proprio premier.
Ricordo sempre che siamo una repubblica parlamentare. Draghi parla di disciplina? Dovrebbe favorire un dialogo maggiore con il Parlamento. Ogni volta c’è un ramo che non riesce a fare modifiche sulle leggi.” ha dichiarato Angela Raffa del M5S.

Draghi non è più un tecnico, sta facendo politica. In questa maggioranza le differenze si vedono sempre di più e io vedo in quello che è successo l’altra notte il segnale che comunque non si sa quanto ancora questo Governo potrà andare avanti. A me non pesa andare a casa. Se dovesse finire la legislatura e non dovessi essere rieletta torno a fare quello che facevo prima.” ha poi concluso.

Qual è il futuro?

Che cosa accadrà ora nel Governo Draghi? Per ora, nonostante le finte decretate a parole, sembra difficile che qualcuno voglia far saltare il banco. Questo perché siamo ad un anno dalle elezioni, e non si può di sicuro rischiare di provocare una crisi di Governo e attirarsi le antipatie di tutti i cittadini che credono nell’operato del Governo. Il PD di Letta ha deciso di mettersi a guardia da questo rischio, mentre invece gli alleati del Movimento 5 Stelle sono ancora in fase di ricostruzione, dopo la nuova guida di Conte.

A Forza Italia, naturalmente, nemmeno converrebbe andare alle urne, in quanto il partito ha quasi il rischio di non sedere nemmeno più in Parlamento. Ed anche dal punto di vista della Lega di Salvini, la situazione è decisamente in calo. Il fiato sul collo di Giorgia Meloni è ormai tangibile. Il sorpasso è ormai compiuto, e rischiare di vedere sfumare l’opportunità di mettersi alla guida del Paese, sempre per un mero fattore di poltrone, è assolutamente preventivabile. Quindi meglio restare sui passi immutati e lasciare governare Draghi.

Attenzione, però. Perché lo stesso Salvini non ha escluso la possibilità di continuare a tirare la corda. Mossa controproducente, perché naturalmente dall’altra parte il premier non solo gode della stima degli italiani, ma può tranquillamente decidere di mettere in evidenza le contraddizioni (che sarebbero solo le ultime di una lunga serie) del leghista. Un gioco che, almeno per ora, non sembra valere la candela.

Dunque tutto resterà immutato.

Antonio Jr. Orrico

Studente al terzo anno di Scienze della Comunicazione, con una passione innata per il giornalismo, per la scrittura, per la lettura e per la musica.

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