28 Novembre 2016 - 20:47

The Crown, la serie Netflix è un capolavoro del “piccolo schermo”

the crown, netflix

La Serie Netflix più costosa di sempre rispetta i pronostici. Le punte di diamante Matt Smith, Jared Harris e John Lithgow padroni indiscussi della scena

Era attesa da quasi un anno:  100 milioni spesi dalla Netflix hanno eletto The Crown la serie più costosa di sempre per l’azienda di distribuzione di serie televisive tra le più famose al mondo. Cast che unisce esperienza e facce nuove. Dai volti noti Jared Harris (tra le interpretazioni che lo hanno reso noto sicuramente il Dottor Robert Jones nella serie sci-fi Fringe e il Professor Moriarty in Sherlock Holmes – Gioco di ombre) e John Lithgow (più volte nominato agli Oscar e vincitore di Emmy e Tony Awards). Senza dimenticare forse il nome più conosciuto, soprattutto dai giovani: Matt Smith che ha interpretato l’Undicesimo Dottore nella Serie TV inglese più famosa di sempre, Doctor Who.

La serie

La Serie racconta la storia della Regina Elisabetta II (interpretata da una elegantissima Claire Foy) dal suo matrimonio nel 1947. Ci si aspetta che possa giungere sino ai nostri giorni con una produzione stimata di circa sei stagioni. La prima season conta 10 episodi dalla durata media di 50 minuti ed è “divorabile” in pochi giorni. La bellezza è trascendentale, una serie che non ha bisogno di far rumore per lasciare lo spettatore con il fiato sospeso e ammaliato dalla bellezza di ogni aspetto, anche il più banale.

The Crown, la serie Netflix è un capolavoro del "piccolo schermo"

Adattamenti e ambientazioni sono perfetti e veritieri: dalla selvaggia savana del Kenya, alle rocciose e fredde coste della Scozia fino ad arrivare, ovviamente, all’uggiosa e misteriosa Londra. Veniamo catapultati con il corpo e la mente e costretti, quasi a pensare, persino ad agire con la testa di ogni personaggio, odiandoli o apprezzandoli. The Crown è la serie della conservazione, della prevalenza della Corona sempre e comunque. Su ogni cosa. Su chiunque. Non ci sono spazi per individualismi, se non per alcune ovvie eccezioni (la Principessa Margaret n.d.r.) e, come più volte viene ribadito nella serie: la Corona deve tenere conto solo di Dio e di nessun altro. Si evince quasi un decadimento della parte “governance” rispetto alla perfezione di un potere superiore, quello della Regina (ne è esplicativa la fine della prima stagione).

Non fatevi illudere dal titolo, la Regina è protagonista ma con un certo limite di causa. Tra le figure più affascinanti vanno annoverate quelle di Giorgio VI, nostalgico, regale ed emozionante, ma soprattutto Winston Churchill (fantastica l’interpretazione di Lithgow nella nona puntata che offusca il resto del cast). Questi due meravigliosi uomini che hanno dato tanto al Regno Unito, soprattutto durante il secondo conflitto mondiale, ci fanno rimpiangere di non essere inglesi. I loro discorsi, più umani e all’insegna della lealtà quelli del monarca, più forti e saggi quelli del famoso leader del Partito Conservatore, li eleggono come i veri “fathers of the Nation.”

Le musiche

C’è perfezione in ogni ambito, tra questi sicuramente la musica. Il main theme della serie Netflix è stato realizzato da un mostro sacro, Hans Zimmer, già compositore di pellicole come “Il Gladiatore”, “Il Codice Da Vinci”, “Inception”. L’Oscar è stato solo il giusto premio ad una carriera straordinaria. Mentre le musiche che scandiscono i momenti più intensi e profondi sono state realizzate da un allievo di Zimmer, Rupert Gregson-Williams. La seguente soundtrack “Duck Shoot” è la più concitante che troverete come base durante le conclusioni, sempre dai toni epici, di numerosi episodi.

Elisabetta, Regina in bilico tra “duty” e “feelings”

The Crown si basa su un concetto straordinario che viene condiviso con tatto inaudito da attori, sceneggiatori e regista: personaggi e temi sembrano così distanti da noi ma le loro storie, magari sconosciute a molti, sono allo stesso tempo così vicine. La Regina, il Principe Filippo e l’ambigua Principessa Margaret risultano umani, quasi a poterli toccare con mano o, forse, soltanto sfiorabili.
La serie è un successo, tra le più convincenti e riuscite degli ultimi anni. Un lavoro di cui si sente la mancanza dopo la sua visione. Colpisce, toglie il fiato, stupisce, cattura. Non abbiamo mai visto la Regina così in bilico tra “duty” e “feelings” in una dicotomia perfetta senza tempo, come in una anti-lotta nietzschiana.

E lei? La Regina? Elisabetta entra in punta di piedi, silenziosa come forse siamo abituati a conoscerla. Prima offuscata dalle massicce presenze di suo padre e poi da quella del Prime Minister. Ma con il passare delle puntante la consapevolezza di essere la Regina, il Capo della Chiesa Inglese, l’autorità istituita dal volere di Dio, il suo atteggiamento cambia.

Sa cosa deve fare, come agire, cosa è giusto e soprattutto cosa non lo è. Capirà che “dover stare in silenzio, a dover far nulla ed essere al di sopra delle parti è il lavoro più difficile di tutti.” È una donna che agisce con indomito silenzio, a volte lasciando che gli sviluppi si creino dietro “le quinte” di Buckingham Palace con esemplare linearità e coerenza. Ed è soprattutto con suo marito e sua sorella che emerge questo contrasto interiore. Fare la scelta giusta per il bene del popolo inglese che verrà sempre prima della famiglia  Windsor.

Una dignità tutta british

Non esistono volgarità, o provocazioni spicce, non esiste il contrasto bene o male, giusto o sbagliato come se si trattasse di una puntata di House of Cards. Il concetto chiave, quel crisma che sancisce l’evoluzione e la perpetuazione della Corona, è la dignità. Magari chiamatelo pudore o rigidità british, ma è quella caratteristica imprescindibile, quell’aspetto non solo formale, che garantisce alla Corona gloria infinita e il rispetto di ogni suddito: che sia uomo, donna, bambino, divorziato, vedova. Nessuno è escluso.

God save the Queen. God save Netflix. The Crown è la serie dell’anno.

Il trailer Netflix