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Eurobond: perché se ne parla di nuovo e cosa sono

Un ritorno di fiamma. L’Unione Europea, per finanziare le spese future, soprattutto dal punto di vista della difesa, potrebbe utilizzare gli Eurobond. Il piano è stato lanciato nelle scorse settimane da Paolo Gentiloni, commissario europeo all’Economia. Poi è ritornato sul tavolo delle trattative anche al Consiglio europeo avviato ieri. Sarebbero favorevoli alla proposta Paesi come Italia (il ministro degli Esteri Tajani si è espresso più volte. La presidente Meloni ha invece fatto riferimento a “soluzioni innovative” per trovare finanziamenti. Francia, Grecia e Spagna aderiscono, e un’apertura è arrivata anche dal premier svedese Kristersson.

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Naturalmente, chi si oppone sono i Paesi più conservatori, quelli più vicini al blocco di Visegrad, e anche quelli più fiscalmente conservatori. Germania e Paesi Bassi, infatti, sembra non abbiano preso di buon occhio l’alternativa elaborata dal commissario europeo. Per ora comunque non c’è un testo ufficiale con dei dettagli già stabiliti, ma solo un’ipotesi che è stata rilanciata da alcuni leader europei.

Ma a cosa servirebbero gli Eurobond? E soprattutto, cosa sono e come si erogano? Risposte che daremo qui di seguito.

Eurobond: cosa sono e come funzionano

Gli Eurobond sarebbero obbligazioni emesse dai Paesi dell’Unione Europea. Sostanzialmente, funzionerebbero in modo simile ai titoli di Stato nazionali (un esempio sono i Btp italiani) con gli investitori che possono comprare un titolo, sostanzialmente facendo un “prestito” al Paese che lo emette, e in cambio ricevono degli interessi per un certo periodo di tempo. La differenza è che a ricevere il prestito non sarebbe un singolo Stato, ma tutti i Paesi dell’Unione Europea, collettivamente.

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Come sono stati utilizzati in passato? La possibilità di lanciarli si è paventata in numerose occasioni, ma non è mai stata messa in pratica. In particolare, se ne parlò per i Paesi dell’Eurozona durante la crisi del 2009. L’iniziativa fu poi abbandonata quando la Banca centrale europea di Mario Draghi scelse una strategia diversa. Anche all’inizio della pandemia da Covid-19, quando divenne chiaro che l’impatto economico sull’Unione Europea sarebbe stato fortissimo, si tornò a parlare di Eurobond.

Insomma, una situazione che si trascina già da più tempo. Ma da quanto tempo si parla di Eurobond?

Eurobond: da quanto tempo se ne parla?

La prima volta che gli Eurobond sono tirati in ballo è quella relativa alla crisi finanziaria dell’UE. Nel 2011, infatti, questa possibilità fu valutata perché avrebbe permesso anche ai Paesi più indebitati, come Grecia e Italia, di ricevere dei soldi senza dover pagare tassi di interesse altissimi agli investitori, visto che sarebbero stati coinvolti anche Paesi più stabili come la Germania.

All’inizio della pandemia, vista la situazione difficile, nove Paesi (Italia, Spagna, Francia, Lussemburgo, Belgio, Grecia, Portogallo, Irlanda e Slovenia) avevano lanciato la proposta dei Coronabond, che sarebbero stati sostanzialmente la stessa cosa. I proponenti li avevano definiti “uno strumento di debito comune emesso da un’istituzione europea per raccogliere fondi sul mercato“, che andasse “a beneficio di tutti gli Stati Membri, assicurando così un finanziamento stabile e di lungo temine per le politiche richieste per il contrasto dei danni causati da questa pandemia“.

La cosa avrebbe svantaggiato i Paesi con i conti più in ordine, e anche in quel caso alla fine si scelse un’altra strada, quella del piano Next Generation Eu, che in Italia si attua tramite il PNRR. Oggi, invece, che contesto e che risoluzione fornirebbero gli Eurobond?

Eurobond: a cosa servirebbero oggi?

Al Consiglio europeo di questi giorni, è stata rilanciata l’ipotesi di usare gli eurobond per finanziare gli aiuti militari all’Ucraina, mentre nelle scorse settimane se ne era parlato come fonte di soldi per istituire una Difesa comune europea. Trattandosi di uno strumento mai testato è difficile che avrà il via a breve. La soluzione più probabile sembra quella di aspettare le elezioni europee, che saranno tra poco più di due mesi, e solo dopo, con un nuovo Parlamento e una nuova Commissione Europea, insistere sulla proposta.

Antonio Jr. Orrico

Studente al terzo anno di Scienze della Comunicazione, con una passione innata per il giornalismo, per la scrittura, per la lettura e per la musica.

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