“Qui nessuno diventa autonomo, senza fare un pò il fenomeno”. Parola di Fabri Fibra, che, a suon di rime secche e dirette, torna a dominare le classifiche di vendita con un nuovo album di inediti pregno di riflessioni sul concetto di celebrità
“Siamo tutti fenomeni, e lo sei anche tu…”, cantava Fabri Fibra,
all’anagrafe Fabrizio Tarducci, nella title track dell’album
“Chi vuol essere Fabri Fibra”, datato 2009. Dopo circa otto anni la stessa tematica è stata ripresa, ampliata ed ha funto da spunto per la creazione del decimo lavoro in studio del rapper di Senigallia pubblicato lo scorso 7 aprile ed intitolato proprio
“Fenomeno”, termine che tra l’altro richiama anche
il primo singolo che ne ha anticipato l’uscita. Forte di una copertina molto semplice con
faccione del suo autore in primo piano, ideata forse per rimarcare il vero fenomeno del rap game italiano, e
formato da 17 pezzi inediti, già dopo una settimana dalla sua pubblicazione il disco è immediatamente schizzato al primo posto della classifica
Fimi arrivando a dominare anche la chart delle vendite in vinile. Il motivo di questo successo immediato è forse più semplice di quanto sembri da spiegare e può essere riassunto in una sola parola:
schiettezza. La schiettezza è quella che ha sempre distinto il Fibra personaggio e autore, dimostratosi
più volte abile nel passare da un argomento all’altro con una semplicità disarmante sempre facendo il diavolo che gli pare e soprattutto senza preoccuparsi troppo delle conseguenze, cosa che lo ha reso
un personaggio pubblico molto contorto e soprattutto l’oggetto di fraintendimenti continui per i suoi modi di fare e di dire. Questo discorso, già valido per tutte le produzioni passate, trova ancora una volta la sua espressione anche in quest’ultimo album la cui parte lirica è costituita da
parole e rime secche, dirette e tali da arrivare dritte al nocciolo della questione
senza “indorare troppo la pillola”, cosa che poi dovrebbe essere un pò la base di quello che viene definito movimento hip hop.
Per la serie: se una cosa va detta, va detta e basta! In quest’ottica dal punto di vista tematico l’intero album si muove su
una serie di digressioni e considerazioni relative al concetto di successo, a cosa esso comporta e soprattutto a come è cambiata l’idea stessa di celebrità nel corso degli ultimi anni.
“Quando avevo 20 anni”– afferma Fibra- ” il sogno di tutti era fare il calciatore o il cantante. Ma almeno erano lavori. Adesso che il lavoro non c’è i ragazzi vedono che youtuber e fashion blogger guadagnano stando davanti a un obiettivo. Ecco i fenomeni”.
L’analisi del disco
Esempi emblematici di quanto affermato qui sopra, in tal senso, risultano essere la title track
“Fenomeno” a cui si associa anche l’estivissima
“Pamplona” , arricchita notevolmente dal
feat dei TheGiornalisti, ed in cui Fibra afferma proprio
“che brutta vita che fanno i cantanti, oggi a quindici anni tutti youtuber”, ma anche che
“le modelle ormai fanno i dj.” Il motivo?? Il successo facile, quello che ti porta sui
“Red Carpet”, seconda traccia del disco che si muove su di una base d’assalto stile In Da Club, nonchè posto dove trovi
“tutti sul set, tutti attori e comparse”, o quello che ti fa rimanere in alto solo per questioni di
“Equilibrio”. Perchè in fondo basta un cellulare o un computer et voilà, tutti vip e celebrità. Accanto alle luci ed al glamour, però, c’è anche il risvolto della medaglia in cui
l’essere fenomeno si fa pretesto per trasformarti in un bersaglio di critiche continue , mancanze, scelte azzardate e perdite come si evince ascoltando
“Dipinto di blu”, pezzo che tra l’altro si mette in mostra per
l’arguto autotune sulla voce dell’emergente Laioung che ben si associa ad una base dal ritmo incalzante,
“Ogni giorno” (“sento la pressione che mi schiaccia per terra”), ed
“Invece No” . Il discorso sopracitato viene ulteriormente amplificato ai massimi livelli nei pezzi
“Nessun Aiuto” e
“Ringrazio”, i più personali di tutta la tracklist nonchè quelli che chiudono l’album in totale introspettività con un
crudissimo dissing familiare in cui Fabri, senza andarci neanche troppo per il sottile,
attacca direttamente la madre ed il fratello, rei di averlo frenato nelle sue scelte artistiche prima, e rinnegato in quasi tutto ciò che ha fatto poi. Tra le altre canzoni che completano la scaletta, una menzione speciale va sicuramente fatta per
“Stavo Pensando a te”, quella che forse può essere
la vera chicca di tutto l’album. Forte di un ritornello semplice ed efficace, inserito su di un beat in cui vi è
una massiccia presenza di synth in grado di generare un’atmosfera da “sunset Californiano”, il pezzo è completato dalle parole molto allegoriche con cui Fibra narra una ipotetica relazione amorosa di una notte che dalla solitudine delle
“lasagne scaldate con il micro” si snoda attraverso
serate a base di vino rosso, condom e bella gente. Tutti termini e considerazioni che fanno intendere la celebrità
come sinonimo di possibile arrivismo personale da parte di
chi la vive dall’esterno. In conclusione a dispetto di quanto possa sembrare e più di quanto si possa credere, le parole di Fabri Fibra risultano raramente campate in aria ed
in realtà sono spesso frutto di precise logiche che forse a volte non vengono comprese a fondo. In quest’ottica a parte la spocchia, che tra l’altro fa parte del “fenomeno rap” da sempre,
questo disco ne è un chiaro esempio, in quanto è palesemente innegabile che ormai anche il vicino di casa un pò nerd per qualche circostanza social anomala si creda un artista,
salvo poi ricredersi “finchè non ne incontra uno vero.” (ipse dixit)