Sanremo Giovani – Francesco Gabbani e il sarcasmo di “Amen”

In gara nella categoria Giovani di Sanremo 2016, Francesco Gabbani, che al Festival presenta la canzone “Amen”. Un brano dalle sonorità elettro-pop che commistiona leggerezza musicale e sarcasmo semantico

[ads1] Francesco Gabbani arriva da Carrara, capitale del marmo bianco e dell’anarchia, a cui si sente particorlarmente legato: “Anche io sono così, duro come il marmo e un po’ anarchico per quanto riguarda la parte romantica della vita”.

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Fin da bambino ha vissuto a stretto contatto con la musica grazie al padre e al suo negozio di dischi. A 13 anni inizia già a comporre la sua prima canzone, maturando un’esperienza invidiabile, coronata con la partecipazione al Festival.

“Amen”, al di là del ritmo orecchiabile, è un brano piuttosto impegnativo ed impegnato. Tutto il testo è giocato su una serie di stravaganti paradossi legati al modo di vivere e di affrontare le difficoltà quotidiane dell’uomo contemporaneo, che spesso si arrende all’assurdità degli eventi senza reagire.

Alla porta i barbari, nascondi provviste e spiccioli sotto la coda, sotto la coda, sotto la coda. E i trafficanti d’organi, e le razzie dei vandali sono di moda, sono di moda, sono di moda. Un visionario mistico all’università mi disse l’utopia ci salverà. Astemi in coma etilico per l’infelicità la messa ormai é finita figli, andate in pace cala il vento, nessun dissenso, di nuovo tutto tace. Il portamento atletico, il trattamento estetico sono di moda, sono di moda, sempre di moda. Ho l’abito del monaco, la barba del filosofo muovo la coda, muovo la coda, colpo di coda. Gesù s’é fatto agnostico, i killer si convertono qualcuno è già in odor di santità. La folla in coda negli store dell’inutilità l’offerta è già finita amici andate in pace cala il vento, nessun dissenso, di nuovo tutto tace

Le incongruenze si inseguono strofa dopo strofa, fino ad assumere contorni di preoccupante realismo. La sterilità delle azioni di massa del popolo inebetito dalle abitudini, si spegne puntualmente nel silenzio della tacita approvazione.

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E l’uomo si addormentò e nel sogno creò il mondo lì viveva in armonia con gli uccelli del cielo e i pesci del mare la terra spontanea donava i suoi frutti in abbondanza non v’era la guerra, la morte, la malattia, la sofferenza poi si svegliò… E allora avanti popolo che spera in un miracolo elaboriamo il lutto con un Amen. Dal ricco in look ascetico, al povero di spirito dimentichiamo tutto con un Amen.

Ma esiste un miracolo che può salvare l’uomo da questa condizione di frenetica immobilità?

No, questo miracolo non esiste. Ogni riflessione che emerge dal brano, scritto con il mio compagno autorale Fabio Ilacqua, è un modo sarcastico per intendere esattamente il contrario di quello che viene detto.

Questo aspettare un miracolo che salvi tutto è un approccio tipicamente italiano e cristiano. Bisognerebbe capire che per cambiare le carte in tavola è necessario cambiare a livello personale. Invece di aspettare un miracolo che risolva le cose al nostro posto, dobbiamo capire che il miracolo siamo noi, e che il ribaltamento delle cose deve partire dalla nostra volontà.

Quando ci rendiamo conto che ci sono delle cose intorno che per loro natura non possono cambiare, siamo noi che dobbiamo cambiare atteggiamento nei confronti dei problemi. Il cambiamento siamo noi.

ha dichiarato Francesco.

Insomma, un brano che si adegua a ogni tipo di pubblico, dal meno al più impegnato. Come sarà il tuo approccio verso il Festival e la relativa competizione?

Non sono un novellino, ci arrivo con una grande esperienza alle spalle. Il percorso che ho fatto mi è servito per capire che la chiave di lettura migliore per proporsi al pubblico è quella della spontaneità. L’importante è essere se stessi. Sono sereno di essere me stesso, anche se Sanremo resta il palco della tremarella. Ma il bello è anche questo. Mi butterò.

Alla partecipazione al Festival seguirà la pubblicazione dell’album “Eternamente ora”, in uscita venerdì 12 febbraio.[ads2]

Redazione ZON

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