Il Coronavirus “dell’angoscia” ha contagiato tutti

Strade vuote, città deserte e razzie nei supermercati come se fossimo prossimi alla guerra. L’angoscia al tempo del Coronavirus

È cambiato tutto all’improvviso, quando un normale giovedì sera venne scosso dalla notizia di un primo contagiato italiano da Coronavirus, a Codogno nel Lodigiano, mai stato in Cina. Da quel momento in poi c’è stato soltanto un susseguirsi di allarmi, di nuovi casi che si moltiplicavano e di un’emergenza difficile da prevedere. In un attimo due focolai in Lombardia e Veneto. Sembra sia passato un anno o forse più da questi momenti ma tutto ciò è accaduto poco più di una settimana fa. Da allora piccole località sconosciute della campagna italiana rimbalzano sui siti e giornali di tutto il mondo, dalla BBC alla CNN, alimentando il virus dell’angoscia.

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Siamo rimasti tutti sorpresi, l’Italia era uno dei paesi che aveva adottato maggiori misure in contrasto al Coronavirus. Un pericolo che però in fondo sentivamo lontano, non così capace di entrare a far parte da un momento all’altro prepotentemente dei nostri timori quotidiani. L’Italia incredula in un attimo è piombata nel caos e nella paura. Proprio sui timori di questa nuova malattia è intervenuto il filosofo Umberto Galimberti che intervistato ad Atlantide su LA7 afferma: “Parlerei di angoscia, non paura. La paura è razionale, l’angoscia no.”

I timori del Coronavirus non nascono dalla paura che ha in sé razionalità ma dall’angoscia che non è razionale e porta a comportamenti sconsiderati, prosegue Galimberti. L’angoscia nasce da quella condizione indeterminata in cui non c’è un oggetto materiale da cui difendersi e nella quale è impossibile assumere comportamenti razionali.

L’auspicio è quello di riuscire a superare e accettare l’ignoto a cui stiamo e dobbiamo far fronte, adottando comportamenti adeguati e non sproporzionati. Dopo i primi giorni di panico generale, anche dalla politica e dalle istituzioni arrivano rassicurazioni, nonostante le difficoltà e l’aumento rapido dei contagi. L’invito è quello di mantenere la calma e provare gradualmente a ripartire.

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Mai come oggi, il Coronavirus è stato in grado di mostrare tutta la fragilità del nostro mondo globalizzato, così vasto e diverso, ma in fondo, tremendamente simile nella sua “angoscia collettiva”.

Attilio Senatore

Studente di Giurisprudenza presso l'università degli Studi di Salerno e autore di una raccolta di poesie dal titolo "Non è tardi per sognare".

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