Italodisco dei The Kolors non è una canzone estiva come le altre, infatti per circa un decennio abbondante le canzoni estive italiane non hanno avuto il suono e il groove di Italodisco: piuttosto il ritmo spezzato del reggaeton, scorciatoia sonora per dire “tropici” e farci sognare.
Per un singolo suono Stash e Starchild e Zef si concedono uno sfizio: è il suono al quale tutti fanno caso, quando sentono Italodisco. Si tratta dei quattro colpi di campanaccio (più un click, dettaglio importante) che arrivano prima del ritornello. È quel click che gli si appoggia sopra ad avere una reference decisiva, che presto sarà svelata anche dal testo. La canzone dei Kolors vuol fare testo a sé, come una produzione di Mark Ronson fa con il soul anni ‘60. Il primo è una classica trappola armonica che Stash e Petrella tendono sotto i nostri piedi.
La melodia di Italodisco fa qualcosa di ancora più interessante e lo fa da subito, nella prima metà della strofa: le tre note sincopate (Re-Fa#-Do#, “sbagliare un calcio di rigore”) disegnano un ritmo organico che si incastra volutamente a fatica nella robotica gabbia metrica del brano, quella cassa dritta che – Festivalbar o no – domina ovunque.
Stash l’ha detto chiaramente che questa non è una canzone estiva, perché ci ostiniamo a non credergli? Certo, Italodisco ha i germi semiotici del tormentone, la profezia autoavverante, per quanto espressa con la proverbiale cortesia dei Kolors: “Scusa se insisto”.
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