È ormai diventata un’abitudine.
Direzionare le vicende interne di un Paese, con un successivo atteggiamento alla Ponzio Pilato, è una consuetudine delle democrazie moderne che più di una volta hanno cercato di esportare il loro punto di vista senza badare alle conseguenze.
La recente crisi in Libia, con il generale Haftar pronto allo scontro diretto con il governo di Al Serraj, non è assolutamente una questione nazionale ma una responsabilità dell’intero globo.
Per comprendere realmente il nuovo conflitto libico è necessario tornare indietro nel tempo e più precisamente nel 2011.
In quel periodo, dopo aver scaricato Gheddafi (sicuramente non il miglior governante ma fino a quel momento buon interlocutore per gran parte degli Stati), la Nato (con a capo USA, Francia, Gran Bretagna e anche Italia) avallò la volontà dell’allora fronte antigovernativo.
Spinti dall’idea di poter rinegoziare qualunque accordo con una differente guida, gli Stati civilizzati hanno praticamente imposto la loro visione senza avere la minima idea di chi avessero di fronte.
Questa guida democratica intimata dall’esterno – con immediato liberi tutti dopo aver indirizzato le vicende interne – ha creato ciò che chiunque avrebbe ipotizzato all’inizio del ribaltone del 2011.
Infatti – con buona colpa di quel mondo che intendeva insegnare le buone maniere a coloro che non ne avevano – si è arrivati, con tutta facilità, allo scontro fratricida e subito dopo al laissez faire nazionale, con tanti saluti ad una popolazione martoriata dalle scelte altrui.
Lo scontro tra le due fazione in Libia, in sintesi, è quindi la naturale conseguenza di tutto ciò che gli altri Stati hanno fatto in questi anni e tutto ciò che si doveva evitare solo in nome del buon senso.
Ed invece l’intromissione negli affari di altri luoghi, in nome di una più ampia motivazione economica e geopolitica, ha prevalso su quanto era necessario fare.
In tutto questo scenario, infine, i grandi del mondo si smarcano in cerca dell’ennesima (pessima) soluzione da adottare in un Paese ormai ai minimi termini…
… in attesa di un’ulteriore evoluzione della crisi venezuelana.
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