«Non credo alla tua lingua, credo solo alla famiglia». Parole che incarnano perfettamente l’anima del rapper Signor D, voce e penna di “Maschere”, nuovo singolo realizzato insieme al leggendario producer torinese Mastafive, rilasciato dall’etichetta discografica Revolutionary Records di Battipaglia (in provincia di Salerno) e disponibile da mezzanotte su tutte le piattaforme streaming. Credere alla famiglia vuol dire rimanere saldi alle radici e al variegato coacervo di valori che poco più di mezzo secolo fa, dall’altra parte dell’Atlantico, partorì la prodigiosa arte d’esprimersi in rima su cassa e rullante. Valori sempre più sporadici in quella dilagante tendenza alla sterile uniformazione che, con il primo singolo “made in Rev”, l’artista battipagliese si prefigge di “smascherare”. La cultura hip hop è lo stampo che più d’ogni altra cosa ha forgiato Signor D, pseudonimo di Dario De Rosa, rapper e avvocato di Battipaglia.
Il microfono e la toga: tanto apparentemente distanti quanto sostanzialmente legati. «Queste due presunte rette parallele io le vedo molto vicine», racconta l’artista 37enne che registrò il suo primo brano nel 2003 nello studio del celebre beatmaker Fabio Musta. «Il rap – soggiunge – è nato dalle rivendicazioni degli afroamericani costretti ad assistere inermi agli stupri subiti dalle madri e dalle sorelle, agli abusi di potere del sistema: in un quadro tanto cupo, le rime e i quattro quarti servivano a invocare giustizia». Alla maniera di un’arringa: «L’avvocato difende le persone dalle ingiustizie, il rapper fa la stessa cosa. E io sono orgoglioso d’essere un avvocato che fa il rapper e un rapper che fa l’avvocato». Solo che a volte qualche legale dimentica la via che ha intrapreso, qualche rapper pure.
E in un simile scenario “Maschere” suona alla stregua d’un monito: «La generazione del momento – spiega Signor D – sta tristemente adeguandosi a indossare una maschera, a piegarsi agli standard imposti dalla società. Tutti uguali: l’ultimo tra gli influencer non fa altro che emulare il primo. Ovviamente non vale per tutti: le mosche bianche ci sono sempre. Io mi reputo una mosca trasparente». Il ritornello del brano è una motivazione, un monito a recuperare sé stessi, la propria identità, le proprie radici: «Dovresti solo cominciare a credere in te, ora è tempo di vivere, smetterla di fingere», canta Signor D. L’antidoto all’omologazione? «Essere sé stessi, non un cliché: amare il tuo carattere, buttare via le maschere».
Un’autentica rivoluzione culturale, quella volta a riportare l’hip hop alle origini. È la missione di Signor D dal giorno uno, tracciata eloquentemente nell’album B.O.S.S., pubblicato nel 2022: non l’ennesima esaltazione del gangsta-rap, bensì un acronimo che sta eloquentemente per Back to Old School Sound. In “Maschere” la via è quella d’un flow vorticoso, di rime studiate e di pregiati riferimenti letterari: l’autore cita finanche alcuni personaggi della Divina Commedia. «Dante Alighieri – dice – è stato un rapper, perché descriveva in rima i vizi della società del suo tempo». Proprio la ricercatezza dell’artista battipagliese ha indotto una leggenda vivente del rap italiano, Mastafive, a collaborare con lui. «Ci siamo conosciuti al Cypha Kings di Roma: fu Principe a invitarmi. Gli chiesi d’ascoltare B.O.S.S., lui lo fece: a telefono si congratulò con me, confessando che un mio pezzo, “Fogli nel Dna”, l’aveva addirittura emozionato, e m’invitò a partecipare a un contest». Il premio messo in palio era proprio una collaborazione con Mastafive: «Non vinsi. Lui però mi disse che il pezzo insieme lo avremmo fatto comunque: “La collaborazione l’abbiamo già chiusa a Roma”, le sue parole». Fu la genesi di “Maschere”, connubio perfetto del genio creativo di Mastafive, capace di cucire addosso all’artista un beat ipnotico e ricercato, un’autentica perla, e del flow inconfondibile e della penna di Signor D, che non lascia neppure una parola al caso.
Il 5 e 6 dicembre a Salerno, presso la sede di via Clark della Camera…
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