18 Febbraio 2020 - 11:44

Ancora dubbi sul futuro della micromobilità elettrica in Italia

micromobilità

La scorsa estate era stato presentato il decreto che dava il via alla fase sperimentale per favorire la micromobilità in città con piccoli mezzi elettrici. Ma dopo l’approvazione in Manovra, il Governo ci ripensa

La scorsa estate era stato approvato e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il Decreto sulla micromobilità che dava il via alla fase sperimentale in alcune città italiane. Questo decreto era atteso da tempo, dato che ancora non esiste una posizione chiara che tuteli e regolamenti il mercato dei mezzi elettrici per favorire la mobilità in città.

Con la Manovra entrata in vigore il primo gennaio 2020 sembrava essere stato raggiunto l’accordo che definisse i termini della questione per identificare limiti di velocità e zone in cui poter utilizzare ogni singolo mezzo. Ma dopo appena 20 giorni qualcosa è cambiato, e il Ministero dei Trasporti annuncia una riformulazione. 

L’iter del decreto

Prima è stata annunciata una fase sperimentale, quindi il decreto sembrava essere diventato attuativo dopo l’approvazione da parte della Commissione Bilancio del Senato e l’inclusione dell’emendamento nella Manovra. Ma a quanto pare, la strada per i monopattini elettrici non è ancora spianata.

In linea teorica si cerca di equiparare il monociclo elettrico a una bicicletta e in questo modo superare il problema della mobilità in aree ben definite. Multe, problemi di sicurezza e poca chiarezza riguardo quali siano le aree ammesse alla circolazione dei monopattini ha rappresentato un grosso limite alla diffusione di questo sistema di trasporto nelle città già di per sé completamente congestionate nel traffico.

Il Codice della Strada concedeva la possibilità di sperimentare l’uso di questi mezzi in alcuni Comuni italiani. Sono state disponibili le tabelle per identificare le aree consentite per ogni tipo di mezzo e le caratteristiche del suo funzionamento.

Questo passaggio sembrava sufficiente per garantire la possibilità di estendere anche al resto dei Comuni la stessa trafila burocratica. Infatti il decreto era stato approvato in Manovra lo scorso primo gennaio. Dopo appena tre settimane, dal Ministero dei Trasporti viene annunciata l’intenzione di rivedere il decreto nel decreto Milleproroghe.

Definizione dei mezzi e dei limiti di velocità

All’indomani dell’annuncio da parte del Ministro dei Trasporti Roberto Traversi, di voler fare un passo indietro sul tema della micromobilità elettrica sono stati in tanti a dirsi esterrefatti. Le ragioni del Mit sono note da tempo e riguardano i problemi legati alla sicurezza su strada. Quello che viene evidenziato è che manca un riscontro chiaro su quali siano stati gli esiti della sperimentazione su strada dalla scorsa estate nei comuni interessati.

Il nodo su cui si centrava la sperimentazione riguardava la definizione di micromobilità e quindi dei mezzi da includere in questa categoria. Ma soprattutto la loro portata, devono avere una potenza massima di 0,5 Kw per una velocità entro i 25 km/h. La circolazione di questi mezzi dovrebbe inoltre limitarsi alle aree pedonali o alle piste ciclabili, senza includere le strade ad alta percorrenza.

Il mercato della micromobilità è pronto a espandersi

La retromarcia del Governo, che rigetta la decisione parlamentare, rappresenta un problema economico considerevole. Da tempo il mercato internazionale scalpita aspettando che anche l’Italia partecipi a questa rivoluzione che ha pervaso l’intera Europa.

Già regolato altrove, il settore della micromobilità elettrica non trova una definizione chiara nel nostro Paese. Per questo motivo, l’apertura della scorsa estate e l’approvazione del decreto in Manovra erano stati letti come segnali positivi da parte degli investitori. Anche i singoli cittadini che hanno scelto di acquistare questi mezzi per la propria mobilità hanno subito una forte penalizzazione.

Le proteste

Tra i primi a manifestare il proprio dissenso e la sorpresa nei confronti di questo cambio di rotta sono stati gli esponenti di opposizione e associazioni. Legambiente, Ancma (Associazione nazionale del settore delle 2 ruote) di Confindustria e l’opposizione manifestano la propria contrarietà nei confronti della decisione del ministero.

La ragione è facilmente intuibile, secondo la prestigiosa associazione ambientalista, l’Italia perde così la propria occasione di allinearsi alla tendenza europea che vede il grande sforzo per la riduzione dell’inquinamento ambientale.

L’impiego di questi mezzi può rappresentare un’importante svolta sotto il profilo della sostenibilità ambientale, specie nelle grandi città in cui il traffico diventa un limite anche alla qualità della vita. D’altra parte, anche Ancma sottolinea l’importanza di equiparare questi mezzi alle due ruote in quanto alla capacità di decongestionare il traffico urbano.

Prestare attenzione alle regole di sicurezza e definire gli ambiti di circolazione per questo genere di mezzi non deve essere limitante. Del resto, la normativa consente di fare chiarezza su un mercato molto deregolamentato e in cui predominano caos e incertezza, condizioni che non favoriscono l’utente finale.