Situata tra l’Armenia e l’Azerbaigian, il Nagorno-Karabakh è una regione da sempre contesa dagli azeri e dal popolo armeno. La regione infatti è un enclave armena, eppure si trova in territorio azero. I primi conflitti nell’aria del Caucaso meridionale iniziano quindi negli anni ’20 del Novecento e continuano ancora oggi. Lo scorso 27 settembre si è avuta l’esplosione di una fase di tensione tra le diverse comunità etniche. Per comprendere le cause di queste tensioni occorre però fare alcuni passi indietro.
È il 1921 quando l’Unione Sovietica decide di unire la regione del Nagorno-Karabakh all’Azerbaijan, non tenendo però conto delle diversità culturali. La regione del Nagorno era abitata per la maggior parte da armeni di religione cristiano-ortodossa mentre l’Azerbaijan era un paese a maggioranza musulmano-sciita. Le cose si complicarono con la dissoluzione dell’Urss. Tra il 1992 e il 1994 scoppiarono sanguinosi conflitti che costrinsero gli armeni a scappare dai propri territori per evitare di essere sterminati in sostanziose operazioni di pulizia etnica. Dopo questa prima guerra gli armeni riuscirono a prendere il controllo della regione che da allora si proclamò Repubblica indipendente.
Gli esperti parlano di “frozen conflict” perché nell’area interessata si alternano fasi di tensioni e fasi di stallo. Il riaccendersi dei conflitti infatti si è avuto nel 2016, de operazioni i guerriglia però si spensero però dopo 4 giorni. Le tensioni esplose nel mese di settembre però non sembrano concludersi così “facilmente”. Ad una tensione già politicamente tesa, visto l’appoggio del primo ministro azero al presidente turco Erdogan, sia aggiungono anche pesanti scontri che distruggono elicotteri, carri armati e gli edifici civili nella capitale dell’Alto Karabakh.
Lunedì 9 novembre, dopo sei settimane di guerra, Armenia, Azerbaigian e Russia hanno firmato l’accordo di pace che impone il cessate il fuoco alle parti in conflitto. La situazione però tarda ad assestarsi. La firma dell’accordo di pace infatti ha scatenato un‘ondata di rivolte in Armenia. Manifestanti armeni contrari all’accordo infatti hanno fatto irruzione nel Parlamento. Intanto si registrano forme di ribellione anche tra i soldati che si rifiutano di arrendersi. Molti dichiarano che continueranno a combattere contro gli azeri e i russi.
Le tensioni nell’area del Nagorno Karabakh non sembrano comunque concluse. Le popolazioni armene infatti attendono il riconoscimento politico del nuovo Stato da parte della comunità internazionale. In gioco però sembrerebbe esserci molto di più: l’incedere del conflitto genere violazioni del diritto umanitario sempre più gravi. A partire dall’avvio del conflitto sono state sganciate sui civili, da entrambi gli Stati, bombe a grappolo, generando così migliaia di morti.
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