Agli oneri della cronaca delle ultime ore, sono saliti i tristi scontri in diverse città italiane. A causa delle nuove restrizioni annunciate dal governo per il contenimento della curva epidemiologica nazionale, diverse categorie di lavoratori – a cui si sono aggiunti facinorosi e violenti – hanno protestato in piazza. Ad allarmare ancor più le fasce più colpite, l’ultimo studio portato avanti da Censis in collaborazione con Confimprese. Secondo quest’analisi, un nuovo lockdown porterebbe ad una perdita di introiti pari a 25 miliardi di euro, una cifra enorme e ancor più grave se si considera un calo di 5 milioni di posti di lavoro.
Proprio nelle festività natalizie, infatti, le famiglie italiane tendono a spendere più soldi all’interno dei negozi, favorendo così il progredire dell’economia. Tutto questo potrebbe venir meno e la prospettiva per i lavoratori e per gli imprenditori è estremamente infausta. Secondo i dati raccolti, la seconda ondata con nuove restrizioni porterebbe ad una perdita totale entro fine anno di 229 miliardi di euro (-19,5% su base annua).
Secondo quanto riportato da Repubblica, Mario Resca, presidente di Confimprese, afferma: “La situazione della distribuzione e del commercio in generale è già durissima oggi, con chiusure soltanto parziali, perché da quando appena una settimana fa si è cominciato a parlarne, la flessione è stata immediata, i clienti si sono diradati e la distribuzione, la ristorazione e il commercio hanno già intravisto i giorni bui di marzo e aprile“.
Lo studio ha inoltre preso in considerazione diversi aspetti del nuovo modo di vivere della popolazione. Circa la metà della popolazione intervistata si è dichiarata favorevole alle nuove restrizioni, dando però per assodati due possibili scenari: il rilascio di un vaccino e la salvaguardia del Natale, molto sentito in tutta la Nazione. Solo a questi patti la popolazione è disposta ad affrontare nuovi sacrifici. Inoltre, da inizio pandemia e durante il periodo dell’emergenza, il 42,7% ha acquistato online prodotti che prima comprava nei negozi fisici. Di questi, il 38% ha affermato di non voler ritornare alle vecchie abitudini. Per paura? Per pigrizia? Ai posteri l’ardua sentenza.
Molto importante anche l’aspetto psicologico. Infatti, per il 70,3% i consumi riflettono uno stile di vita nonché un’espressione della propria libertà. Da ciò potrebbe giungere la conclusione che, pur di acquistare, l’attenzione si rivolgerà all’e-commerce con il già annunciato crollo dei consumi per le attività commerciali e l’arricchimento di società (per lo più straniere) che forniscono ciò di cui la popolazione ha bisogno.
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