Se per Basil il richiamo era chiaro nei confronti di Sherlock Holmes, lo stesso si può dire guardando Oliver & Company che vi ricorderà – in questo caso l’omonimo – Oliver Twist. L’opera di Dickens sul sociale, la povertà e l’aspetto non-formativo, viene trasposto dalla Disney nel lungometraggio del 1988.
La Disney, per certi versi, si dimostra ripetitiva in alcuni aspetti. Per quanto riguarda i suoi tanto acclamati Classici, infatti, le trasposizioni e le tematiche spesso si somigliano e diventano facilmente prevedibili. Solo due anni prima Basil l’investigatopo era uno Sherlock Holmes fatto a cartone animato sottoforma di topo, mentre con Oliver & Company la Disney compie più o meno lo stesso fenomeno transmediale, portando sul grande schermo una versione di Oliver Twist con gatti e cani in una New York ricca di melodie.
Nonostante l’idea possa sembrare simpatica in principio, molti eventi di Oliver & Company potrebbero essere definiti saturi. La storia di un animale, che sia di razza o randagio, che costruisce il suo destino all’interno di una grande città, affrontando amici e nemici, è qualcosa di già visto.
La Disney lo fece già con Gli Aristogatti nel 1970 e prima ancora con Lilli e il vagabondo nel 1955.
Il grande problema di Oliver & Company è che, come molto spesso accaduto alla Disney nel periodo successivo alla morte di Walt, si focalizza ancora su un target troppo infantile, rendendo la pellicola di poco spessore. In questo caso, a maggior ragione, era la tematica a poter essere affrontata con un taglio più dark. Ma il divario tra i ricchi e i poveri, tra la gente che abita nei palazzi e quella che vive sotto i ponti, nel film viene solo accennata e non troppo approfondita.
Oliver & Company ha il pregio, però, di rappresentare una New York nella sua caoticità e nei suoi persistenti inserti pubblicitari. La scenografia domina la scena molto più di una trama poco coinvolgente.
Nonostante un ritmo poco coinvolgente, Oliver & Company ebbe buoni responsi dal pubblico. Ciò convinse la Disney ad accelerare le sue produzioni. Al tramontare degli anni ottanta, infatti, iniziò a portare sul grande schermo un lungometraggio all’anno. Un ritmo industriale che oggi può sembrare scontato visti gli introiti derivanti dalle sale e dal merchandising, ma la Disney si dimostra innovativa ancora una volta dal punto di vista commerciale iniziando a essere la prima major a produrre con costanza i suoi prodotti di punta.
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