L’ipotesi di un nuovo aumento. Il Governo prepara un intervento concreto per quanto riguarda le pensioni, andando ad agire soprattutto sugli assegni. Infatti, in misura è previsto un aumento cospicuo per quanto riguarda la parte contrattuale. Il tasso si alzerà ulteriormente rispetto a quello già avvenuto a inizio anno con il recupero pieno dell’inflazione più un extra dell’1,5%. Si tratta, questa volta, di un ulteriore 2,7%.
La novità effettiva, però, non sarebbe tanto il nuovo aumento delle pensioni, quanto piuttosto la tempistica decisa per effettuare queste contromisure. Infatti, il Governo ha deciso di anticipare questo aumento di sei mesi e, dunque, a partire dal giugno prossimo. Ma l’incremento si aggirerebbe intorno agli 11 €. Dunque, una cifra piuttosto esigua. Il Governo potrebbe, a questo punto, optare per l’aumento del caro vita, dato che l’inflazione continua a galoppare.
Il problema, come sempre, sarà quello di trovare i fondi. Adeguare le pensioni costa molto e gli italiani che ricevono l’assegno minimo, quello che ha maggior bisogno di intervento, sono ben 2,1 milioni. Come è ben noto, il tesoretto da 3,4 miliardi, anche questo esiguo, che il Governo è riuscito a recuperare tra le pieghe del DEF, non basta per interventi davvero sostanziali. Inoltre, se lo sconto fosse più alto, le risorse per l’aumento delle pensioni diminuirebbero.
All’inizio dell’anno le pensioni hanno ottenuto l’adeguamento pieno all’inflazione e un extra dell’1,5%, portando l’assegno minimo da 525 a 572 €. Questo incremento del 6,4 % vale per il 2023 e il 2024 e si somma anch’esso ad una rivalutazione straordinaria dell’1,5%, concessa al trattamento minimo a prescindere dall’età.
Dal punto di vista delle pensioni e del taglio del cuneo fiscale, invece, sembrano esserci delle novità sostanziali. Il decreto con gli aumenti in busta paga potrebbe essere approvato già la prossima settimana. Il taglio di un altro punto percentuale sui contributi previdenziali a carico dei lavoratori dipendenti, che così sale al 4% per i redditi fini a 25 mila euro e 3% per quelli tra i 25 e i 35 mila euro. Il nuovo taglio, però, potrebbe arrivare anche a due punti.
L’impegno del Governo per l’arco della legislatura resta comunque di 5 punti totali, ovviamente se ci saranno le risorse. La riduzione delle aliquote resta in vigore fino al 31 dicembre 2023 e si applica ai lavoratori dipendenti con una retribuzione lorda mensile pari a massimo 1.923 € per la riduzione di tre punti, e 2.692 € per la riduzione di due punti, per tredici mensilità equivalente a un reddito lordo annuo di 25 e 35 mila €.
La seconda fascia per le pensioni, d’altronde, sarebbe agevolata. Infatti, con un nuovo taglio, si otterrebbe un miglioramento del netto in busta che varia da poco meno di 10 € mensili per i redditi di 15 mila € a poco più di 16 € mensili per i redditi di 35 mila €. In questo modo, il taglio del cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti raggiungerebbe i 55 € mensili in corrispondenza di un reddito di 25 mila € per poi scendere a 49,3 € per i redditi di 35 mila €.
C’è però un inghippo. Infatti, con l’incremento di un punto del taglio rispetto alla situazione attuale uguale per tutti, i lavoratori con redditi nella fasce 25-35 mila € otterrebbero un miglioramento percentualmente più elevato rispetto a quelli della prima fascia reddituale e cioè fino a 25 mila €.
Come detto gli oltre 3 miliardi destinati a rafforzare il taglio del cuneo fiscale consentirebbero “un aumento del reddito disponibile poco inferiore ai 200 € nell’anno in media.”
Ad affermarlo il capo del Dipartimento Economia e Statistica della Banca d’Italia, Sergio Nicoletti Altimari, nel corso dell’audizione sul DEF nelle Commissioni Bilancio riunite di Senato e Camera.
“Sotto le ipotesi di invarianza delle soglie di applicazione già in vigore e di avvio dei nuovi sgravi dal prossimo maggio, gli oltre 3 miliardi destinati al rafforzamento di questa misura dovrebbero consentire un raddoppio dell’importo mensile dell’esonero.” secondo il modello di micro-simulazione della Banca d’Italia.
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