Santa Maria de Alimundo, un tesoro abbandonato [Foto]
Chiesa di Santa Maria de Alimundo: aZONzo questa settimana vi porta in esclusiva all’interno di una delle chiese abbandonate più belle di Salerno
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Nel cuore del centro storico di Salerno persiste da anni in uno stato di totale abbandono, la Chiesa di Santa Maria de Alimundo.
Questo piccolo esempio di architettura religiosa gotica, risalente addirittura al X sec d.C., risente della politica di totale disinteresse di cui è ormai vittima il nostro patrimonio culturale.
Nei suoi scarsi 11 metri di altezza, la chiesa di Santa Maria de Alimundo ha una storia notevolmente complessa: realizzata probabilmente intorno al 990 nell’attuale Rione della Madonna delle Grazie all’interno dell’antico Plaium Montis, questo piccolo complesso religioso è l’unico esempio di gotico fiorito all’interno della città. A causa delle modifiche effettuate intorno al XII e XIII sec. è difficile dire esattamente quale fosse la sua impronta originaria, ma alcuni elementi decorativi e spaziali, oltre che tramite sporadiche informazioni documentarie, la connotano appartenente allo stile romanico. Differenti elementi architettonici ne evidenziano i successivi rimaneggiamenti: il portale in legno con tracce del trittico originario è catalano, così come gli archi intrecciati e le incorniciature a bastoni sono esempi di decorazioni angioine-durazzesche, tipiche nell’area campana e in uso fino al XV sec.
Dall’esterno all’interno, le decorazioni e l’assetto spaziale mutano notevolmente: a causa di un massiccio restauro effettuato intorno al seicento, l’interno della chiesa presenta una volta a botte lunettata con tipiche decorazioni barocche, mantenute straordinariamente intatte nonostante il totale disinteresse dimostrato per l’antichità del complesso religioso. Inoltre secondo fonti storiche non del tutto certe, in essa sarebbe stato sepolto Masuccio Salernitano, celebre autore del Novellino.
Nel 1812 venne soppressa come parrocchia e adibita a sezione delle Scuole Elementari, in seguito venne destinata ad altri usi di carattere pubblico e privato. Nella prima metà del XIX secolo subì un intervento di restauro per volontà dell’arcivescovo Fortunato Pinto. Successivamente il destino di Santa Maria de Alimundo è andato incontro ad un inesorabile declino, diventando un semplice deposito di immondizia e roba vecchia.
Oggi, mese di maggio 2016, le cose non sono cambiate.
Soffocata da case addossate risalenti all’epoca del XVI sec, la si raggiunge da Via Tasso percorrendo la Salita dell’Intendenza Vecchia. Ad accoglierci, prima ancora di entrare nella chiesa, una montagna di rifiuti degli abitanti della zona, i quali non conoscendo i valori storico-culturali di una delle chiese più antiche di Salerno, hanno letteralmente fatto proprio uno spazio comune.
Entrando nella Chiesa, appare ancora più evidente come essa si sia evoluta nel tempo assumendo la forma di una discarica: sulla sinistra la sacrestia vecchia è ingolfata da sacchetti dell’immondizia, materassi vecchi, ruote di biciclette e per non farci mancare nulla, carcasse di animali.
L’arredo originale della chiesa, trafugato anni fa, è completamente assente. Al suo posto, vestiti usati, guano di piccione, mobiletti rotti e pezzi di legno usati per rattoppare le lesioni strutturali.
Sotto uno strato persistente di sporcizia e sudiciume, si scorgono piccole decorazioni, qualche voluta, parti di lesene e capitelli. Il tutto appare con l’aspetto di una carcassa, come gli animali che ora la abitano.
Osservando un tale scempio è inevitabile domandarsi di chi sia la colpa. Certo è che sin dalla sua fondazione, questa piccola parrocchia non ha avuto fortuna: passata di mano in mano tra le famiglie più “facoltose” della città, ha subìto gli effetti di un disinteresse costante, oltre che di una errata politica urbanistica basata sul soffocamento dei centri storici.
Motivo per cui, della Chiesa di Santa Maria de Alimundo, brandita e incarcerata da palazzi che la celano allo sguardo dei passanti, rimane si e no solo la storia.
Le sue forme, i suoi spazi, la sua testimonianza storica, resistono però a denti stretti al lento declino del sudiciume del tempo, fomentato dal disinteresse e dall’ignoranza di chi usa uno scrigno come un cassetto dell’immondizia.
Foto a cura di Federica Crispo
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