Il duo Marracash-Gué Pequeno per la prima volta insieme con un album di inediti dal titolo “Santeria”. Il progetto è ambizioso, oscillante tra la spocchia del genere e la sperimentazione
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abbozzata ma allo stesso tempo molto artistica, unita ad un titolo altrettanto particolare che però rende il tutto ancora più criptico. Stiamo parlando di Santeria il nuovo album dell’inedita coppia formata dal duo di amici milanesi
Gue Pequeno e Marracash pubblicato lo scorso 26 giugno e schizzato subito al primo posto della classifica FIMI. Il disco ha avuto una genesi molto lunga ed è stato concepito e realizzato tra
Milano,Tenerife e Trancoso, in Brasile, location che probabilmente hanno fatto da spunto per il nome e le sonorità. Il termine santeria è stato coniato dai conquistadores spagnoli
per denigrare quella che a loro pareva un’eccessiva devozione ai santi da parte dei loro schiavi che venivano, tra l’altro, obbligati dagli stessi colonizzatori a denigrare le proprie credenze. Questo atteggiamento li costrinse a trovare una soluzione e, per aggirare il problema, essi iniziarono a celare dietro l’iconografia cattolica i loro Dei, così da essere liberi di adorarli senza incorrere nella crudeltà dell’oppressore. In tal modo i dominatori spagnoli pensarono che gli schiavi, da buoni cristiani, stessero pregando i santi, quando in realtà
stavano di fatto conservando le loro fedi tradizionali. Ed è proprio questa, probabilmente, l’idea di fondo su cui si muove anche il disco del duo milanese che con un po’ di spocchia e arroganza
(“comprese solo se comprendi il sacrificio”) cercano di mescolare i “santi” che stanno idolatrando in questo periodo della loro carriera, quali soldi fama e successo, con “i valori tradizionali dei conquistadores” che tutti dovremmo avere e che probabilmente sono in larga parte persi. L’apoteosi di questo discorso si evince soprattutto da brani come
“InstaLova”, che celebra le relazioni sentimentali telematiche delle nuove generazioni,
“Tony”, ricca di citazioni al mondo Scarface facilmente rintracciabili su diversi profili facebook di persone comuni e
“Purdi” che massimizza la costante ricerca di quella visibilità dorata sdoganata dai social network ( “la tua pagina è il museo del tuo ego con la musica a margine”). Ovviamente non mancano i classici pezzi tipici del genere rap che esaltano il mondo street e la difficoltà di volersi allontanare da determinati contesti pur restandovi sempre legati, come “Scooteroni” o “Cosa Mia”, che si inseriscono in una tracklist composta, tra gli altri, anche del classico banger da dancefloor “Money”, una traccia che probabilmente ha
la base più bella di tutto il disco. Una menzione particolare va fatta a
“Nulla accade”, il primo singolo ufficiale dell’album, che rappresenta una vera e propria chicca sia per produzione musicale che per le liriche, abilmente incastrate tra ritornello e bridge in una commistione che da sola vale il prezzo dell’acquisto.
Massiccio in tutti i brani è l’utilizzo dell’autotune, quello strumento da studi di registrazione che ultimamente tanto va di moda nel mondo trap, un sottogenere che per alcuni versi è possibile ritrovare anche in questo album, e che
a seconda di come viene utilizzato può farti creare dei capolavori oppure delle canzonette sconnesse. In questo caso il software di manipolazione dell’audio aiuta molto la compenetrazione tra ritornelli e strofe sulle diverse basi accentuando la sacralità e la misticità delle sonorità che sono
una costante dell’intero progetto, forse anche a causa delle influenze dei luoghi in cui è stato sviluppato. In conclusione Santeria è senza dubbio un album molto poliedrico, sperimentativo e totalitario che rimarca un netto un confine con il passato dei due artisti , la cui sinergia al microfono è in grado di alzare leggermente l’asticella del genere in conformità agli standard internazionali creando un notevole distacco rispetto ad altre produzioni presenti nel nostro paese che forse hanno anche maggior successo. Questo ai più nostalgici del genere farà storcere il naso ma c’è da dire che la sperimentazione e la voglia di tentare sono alla base dell’evoluzione artistica, e senza evoluzione non c’è progresso. [ads2]