Immagine dal trailer Netflix di Sex Education
Netflix parla di sesso. E lo fa nel modo più efficace: calando personaggi adolescenti nella realtà (nuda e cruda, è il caso di dirlo) di un liceo britannico. Tra campanelle, armadietti, ufficio del preside ed aule affollate, i volti di Sex Education si mostrano per quello che sono: ragazzi alla scoperta della propria individualità.
La prima stagione della serie, composta da otto episodi, ruota intorno ad Otis Milburn (Asa Butterflied). Lo studente dall’aria timida nasconde un potenziale inespresso: sa sintonizzarsi con le frequenze emotive dei suoi coetanei ed elargire consigli preziosi.
Presto, l’innocente Otis diverrà il capo di una clinica che funge da caleidoscopio di piccoli e grandi problemi sessuali. Il suo metodo? Un approccio psicologico, derivato da un mix di conoscenza e sensibilità, seppur vergine da qualunque tipo di esperienza.
La ricerca della propria identità parte dal sesso? Sex Education pare suggerirci di sì. Il sesso è un gancio con il mondo esterno, un orizzonte che ci abbraccia e, al contempo, ci lancia verso una nuova dimensione di consapevolezza. Ma è anche, ingiustamente, un parametro di crescita: nella competitiva maratona dell’adolescenza, la verginità è la condizione di chi rimane ancorato ai blocchi di partenza dopo lo sparo d’inizio.
Eppure, crescere non è semplice: i disagi legati alla sfera sessuale si risolvono solo risalendo alla loro radice. Scavando dentro sé, infatti, Otis capirà che la sua impossibilità ad avere un orgasmo è la conseguenza di un trauma infantile mai superato.
Eppure, Sex Education è più di una serie sul sesso: i problemi sessuali sono pretesti per approfondire temi come l’educazione familiare, il valore dell’amicizia, l’importanza dell’autostima, l’accettazione di sé, la gestione dei propri sentimenti. Il tutto viene accompagnato da un pizzico di ironia e di qualche cliché, ma non temete: i due elementi sono perfettamente bilanciati e renderanno le puntate piacevoli.
Accanto all’evoluzione del protagonista (talvolta involuzione), assisterete, gradualmente, alla crescita dei personaggi che ruotano come satelliti intorno al polo magnetico costituito da Otis, o meglio, da ciò che rappresenta: un grande comunicatore nell’era dell’indifferenza.
Insomma, ci troviamo di fronte ad una serie teen che riesce, però, ad avere un approccio originale, realistico, incensurato, dissacrante. L’unico difetto è che termina lasciando in sospeso molte situazioni: sarebbe un peccato non scoprirne il seguito in una seconda stagione da cui ci aspettiamo lo stesso duplice obiettivo: divertire e far riflettere.
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