Vittoriano, Impressionisti in mostra
Il Museo d’Orsay è in mostra al Vittoriano, dal 15 ottobre al 7 febbraio. Sessanta capolavori degli impressionisti più significativi
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Manet, Renoir, Degas, Pissarro, Cezanne, Morisot, fino a Boldini e Rodin si raccontano in opere intime, in mostra al Vittoriano di Roma dal 15 ottobre al 7 febbraio. Sono 60 le opere della collezione, che, dal Museo d’Orsay arrivano ancora una volta nella Capitale.
Non solo i ritratti più conosciuti, ma anche autoritratti e vita mondana nelle pennellate degli Impressionisti. Tête-à-tête.
L’Impressionismo racchiuso nel Museo d’Orsay è un insieme di opere che hanno un duplice valore: da una parte, la possibilità di fruire di capolavori dell’Avanguardia novecentesca spartiacque tra il mondo della raffigurazione e quello prossimo della riproducibilità tecnica; dall’altra invece, è un vasto e particolareggiato ritratto della società francese in una dimensione più intima e privata.
L’esposizione si realizza nel seguente percorso: parte con un bronzo di Rodin che raffigura Alphonse Legros (1915), per arrivare all’autoritratto di Degas del 1855, molto legato ancora all’Accademia, eppure capace di differenziarsi.
A 20 anni di distanza, Cezanne (1875), con la sua rivoluzione pittorica, come nello stesso periodo fa anche Pierre-Auguste Renoir, alle prese con il ritratto di Monet (l’unico modo in cui il padre dell’impressionismo è rappresentato in questa mostra romana).
La vita dell’epoca, invece, è ritratta in l’Atelier di Bazille o ‘Jentaud, Linet et Laine’ (1871) di Degas; l’artista si sofferma sui visi di tre giovani industriali parigini, con una ricerca espressiva fotografica.
Tra gli altri capolavori, una serie di ritratti di Renoir e ‘Il Balcone‘ di Manet, icona della mostra e capolavoro assoluto della pittura moderna.
Importanti anche le tele di Cezanne, come: ‘Donna con caffettiera‘ (1890-1895) e ‘Il giocatore di carte‘ (1890-1892), dove il pittore fa emergere la centralità della forma nella composizione spaziale.
Infine, Rodin con il busto bronzeo di Victor Hugo (1897), testimonianza di un Impressionismo vivo, capace di far palpitare anche la scultura.
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