20 Settembre 2015 - 16:16

20 settembre 1958: quando l’Italia tollerava

20 settembre 1958

Cinquantasette anni fa, alla mezzanotte fra il 19 e il 20 settembre 1958, entrava in vigore la Legge Merlin: a Palermo i violini salutarono con eleganza le signorine, ma oggi c’è chi vuole abrogarla

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Ci vollero ben dieci anni per portare a conclusione l’iter legislativo che condusse all’approvazione e all’entrata in vigore della legge Merlin, la legge che nel 1958 pose la parola fine alle case di tolleranza in Italia, ma la legge voluta dalla senatrice Lina Merlin, socialista e femminista antifascista, è stata sempre fra le più contestate del nostro paese. E infatti, ancora oggi, c’è chi vuole abrogarla.

Trascritta in Gazzetta Ufficiale come legge 75 del 20 febbraio 1958, la Legge che chiudeva per sempre i postriboli nel nostro paese entrò in vigore solo alla mezzanotte del 19 settembre successivo, cioè stanotte, ma di cinquantasette anni fa.

Sono fumosi i ricordi di chi è ancora in grado di rammentare quel giorno, forse perché l’Italia è sempre stato un paese un po’ bigotto, tendenzialmente sessuofobo e fortemente influenzato dalla dittatura del pensiero della Chiesa Cattolica, e quindi chi frequentava le case chiuse del tempo non è mai sereno nel raccontare cosa accadde.

Un bell’articolo di Marco Innocenti sul Sole24Ore del 20 settembre 2009 racconta però che quella sera i violini suonarono a Palermo per salutare le fanciulle che erano state un conforto di generazioni di maschi, nonché confidenti di chi in famiglia aveva poco spazio per comunicare.

20 settembre 1958

La senatrice Lina Merlin, che nel 1958 chiuse con una legge le case di tolleranza

Le mogli dell’epoca li tolleravano, i giovani, attraverso loro, venivano introdotti ai piaceri del sesso e così gli uomini del tempo calmavano i loro “bollenti spiriti”, eppure mai cosa in Italia fu avversata come i postriboli.

Per la senatrice fu una grande battaglia, una crociata portata avanti da una politica molto coraggiosa che per l’epoca fu tra le più determinate, eppure l’introduzione di questa legge, essenziale per l’emancipazione della donna, fu anche quella che, suo malgrado, riempì le strade di prostitute e protettori, aprendo la strada allo sfruttamento da parte delle organizzazioni criminali.

Oggi i tempi sono cambiati, e la legge Merlin andrebbe, se non abrogata, quantomeno cambiata. Se di libertà si parla, libertà è anche quella di voler guadagnare attraverso la vendita del proprio corpo. E in un tempo in cui le Malattie Sessualmente Trasmissibili sono divenute un cancro quasi incurabile, la legalizzazione della prostituzione sarebbe cosa buona e giusta.

Senza contare che per tanti uomini che trovano nella prostituzione una valvola di sfogo, una cosa è “cosa è “andare a casino“, dove tutto è comodo, tranquillo, senza problemi; un’altra è raccogliere una sconosciuta per strada, sotto gli occhi di tutti, con il cuore che batte a cento all’ora, senza avere il tempo di osservarla bene e senza sapere in quale postaccio si sarebbe finiti” (ancora Innocenti), con il rischio, per giunta, di contrarre una grave malattia.

Con un colpo di legge si cancellò dunque un sogno, come dicono alcuni, quello di una fanciulla che diceva di sì. Ma quella legge andrebbe letta in base all’epoca in cui fu approvata e per l’argomento spinoso che venne trattato: un argomento che stranamente spaventa ancora oggi persino chi, in Parlamento, fa tutto sommato largo uso di droghe, ma ha ancora paura di dire “No” ad una legge che oggi è diventata limitativa della libertà umana (di prostitute e clienti) e non più un modo per tutelare la libertà della donna.

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