2 Maggio 2018 - 18:35

7° Arte: #16 La Parola ai Giurati – Il Beneficio del Dubbio

la parola ai giurati

“La Parola ai Giurati” (“12 Angry Men”) è un film in bianco e nero del 1957 diretto da Sidney Lumet, alla sua prima regia. Circa un’ora e mezza girata quasi unicamente su un solo set, un film claustrofobico che apre le dinamiche della verità e della giustizia

“La giuria si riunisce per deliberare”.

Spesso abbiamo sentito questa frase oramai impressa nella memoria collettiva. Quel deliberare ci viene rappresentanto nella pellicola La Parola ai Giurati. Film del 1957 che vede per la prima volta alla regia Sidney Lumet, regista rivoluzionario, scomparso nel 2011 e premiato alla carriera durante gli Oscar del 2005.

Lumet compie una decisione importante e coraggiosa: portare sul grande schermo una storia che parla proprio dell’importanza di prendere una decisione. Un film notevolmente sottovalutato nel mondo del cinema degli anni ’50, maggiormente concentrato sulle pellicole a colori e sulle ampie scenografie.

1 contro 11, la forza di volontà

12 uomini compongono una giuria di un caso di presunto parricidio, hanno l’onere e il dovere di deliberare la colpevolezza o l’innocenza di un giovane. Lasciarlo libero, oppure liberarlo dalla vita sulla sedia elettrica?

La scelta andrebbe ponderata e studiata, ma già quasi tutta la giuria sembra aver preso una decisione. Colpevole. Solo il giurato num. 8 concede al giovane il beneficio del dubbio.

Il giurato num. 8 è un intelligente quanto umile architetto che, in vista dell’incertezza della colpevolezza del giovane, vuole dare giusto adito ai suoi dubbi riguardo una possibile innocenza di quest’ultimo.

Nasce così il film e la discussione. La Parola ai Giurati è ambientato quasi interamente sul set che ritrae la stanza della decisione della giuria. Una stanza che, afferma lo stesso Lumet, si restringe piano piano col tempo.

“Mi apro alla chiusura”

Un’atmosfera claustrofobica accompagna i giurati e gli spettatori in un film che spreme le meningi della deduzione umana. Gioca con lo spettatore, invitandolo a sedersi con matita e taccuino per sottolineare o cancellare le presunte prove schiaccianti.

Già, perché la magnificenza e – soprattutto – l’originalità di La Parola ai Giurati sta proprio in quella stanza, all’apparenza claustrofobica e chiusa, al contrario di ciò che si rende necessario per scovare la verità dei fatti: aprire la mente a ogni scenario, proprio come il cinema ci ha insegnato.

Oltre i nomi, oltre i numeri, oltre la giuria

La Parola ai Giurati è un film da apprezzare perché sa andare oltre. Fa a meno del set, in primis. Riesce a incentrare il tutto in una sola stanza senza mai abbandonare la dinamicità degli eventi, dei discorsi e l’attenzione dello spettatore.

Anzi, lo spettatore si ritroverà immerso in complessi mentali come in un’investigazione videoludica. L’unica chiave per uscire via è scoprire la realtà. Una realtà che i 12 giurati inseguono, tutti in maniera differente.

C’è chi dà più adito alle sensazioni, chi all’intuito, chi fa prevalare il raziocinio. 12 personalità differenti che battibeccano e ragionano. Nessun nome per identificarli, nessun cellulare di mezzo per eludere o interrompere una sacrosanta conversazione, Lumet riesce persino ad andare oltre la giuria. Prima che giustizieri, siamo persone.

Più di una volta le emozioni cercheranno di scavalcare la realtà. La giuria sarà minacciata dagli sguardi testardi e incompleti. Una emozione che pervade come fa il cinema stesso.

La miscela tra realtà e finzione. C’è bisogno di immaginare per scoprire la realtà, è ciò che suggerisce il giurato num. 8 e la Settima Arte stessa.

11 contro 1, la forza della comunicazione

La comunicazione, il dialogo e la voglia di scoprire la realtà diventano prepotentemente protagonisti del film. Passo dopo passo la giuria abbandona la forma della crisalide per divenire una giuria vera. Una giuria giusta, per quanto la giustizia esista.

Lumet è meritevole di elogi vista la ripresa dell’importanza della comunicazione da Orson Welles e dal suo Quarto Potere. Nel 1976 lo vedremo alla regia di Quinto Potere, una sorta di restauro della pietra miliare del cinema.

Non solo, Lumet diverrà uno dei capisaldi del cinema come mistero e thriller psicologico, come il film di successo Assassino sull’Orient Express il cui remake è uscito recentemente.

La Parola ai Giurati riesce a portare sul grande schermo le realtà di tante vite diverse grazie a dei semplici discorsi. Non dà la parola solo ai giurati, la dà al cinema intero, quel cinema che unisce il mondo quotidiano con i sogni grazie alla capacità di saper comunicare.

Una sceneggiatura che racchiude e abbraccia le diversità dei nostri modi di pensare. Cercando di collaborare con i giurati, lo spettatore si sentirà investigatore, giustiziere e infine sazio di una pellicola profonda e riflessiva come poche.

 

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