Close up to: Guglielmo Scilla
Close up to: Guglielmo Scilla. The sky the limit
Domenica scorsa sono stata a Roma e ho pranzato con un mio vecchio e caro amico.
Siamo andati a mangiare un buon giapponese e un pessimo gelato; la pera al caramello non è stata una buona idea.
Il mio amico è un ragazzo che si è fatto strada da solo, che si è armato d’innovazione e fantasia e non ha avuto paura di mettersi in gioco. Forse l’unico che poteva davvero fare da apripista al nostro giornale, così gli ho proposto un’intervista e, con una galanteria che da sempre lo contraddistingue, ha detto sì senza esitazioni.
Lui è Guglielmo Scilla, conosciuto in rete come Willwoosh, classe ’87, romano.
Scrittore, attore, sceneggiatore, speaker, conduttore, blogger, giornalista.
3 libri, 4 film, 73 video su YouTube, una web serie di successo e uno spazio tutto suo sul Fatto Quotidiano.
Il web ti conosce come Willwoosh da cinque anni; ma chi era Guglielmo prima del 2009?
Guglielmo era una ragazzino di vent’anni abbastanza insicuro e indeciso e, per certi versi, anche irrisolto. Io veramente ho passato un periodo buio di medie; un periodo grigio di superiori e poi sono rimbalzato da medicina a lettere a scuola per interpreti. Non sapevo cosa fare della mia vita perché, in verità, quello che volevo fare era una cosa così difficile da raggiungere, che alla fine mi son detto “Meglio evitare di sognare troppo in grande, accontentiamoci di quello che ci dà la vita”. In realtà non riuscivo mai ad accontentarmi, anche se provavo varie strade, poi YouTube è stata una valvola di sfogo che mi ha permesso di reprimere determinate cose e di arrivare a fare altro.
Quindi, per te, YouTube è stato un modo per iniziare a esprimerti; a cacciare fuori quello che avevi.
Sì. Assolutamente. Un modo per non esplodere. Sai cosa? Era molto bivalente il rapporto che avevo con YouTube perché chi iniziò YouTube, illo tempore, si sentiva un emerito cretino a fare certe cose, perché non avevano un senso. Non c’era effettivamente un vero dogma o un reale linguaggio per comunicare su Internet. Quindi, diciamo che, per certi versi questa voglia di fare andava contro quello che era “cool”. Partivo da sfigato e continuavo a sentirmi sfigato, all’interno di un meccanismo che tenevo nascosto ad amici e familiari.
Ti vergognava?
Sì! Cioè, cerca di capire che io mi mettevo in camera da solo, a parlare davanti a una videocamera e poi a fare delle scenette con le parrucche. Se tu la vedi dall’esterno, entri in camera e vedi tuo figlio con una parrucca, chiudi e vai a piangere, accendi un cero alla Madonna e chiedi dove hai sbagliato. Invece, la cosa assurda è che, nel momento in cui ho pensato “tanto nessuno lo vede, e chi lo vede non lo conosco, e se mi attacca, chi se ne frega!”, pian piano si è sviluppata una cosa per cui piaceva quello che facevo, veniva visto! Le critiche non facevano mai male quanto invece facevano bene i complimenti che ti scrivevano, e quindi da lì, in verità, è diventato successivamente, una cosa fica!
E che cosa ha significato per te passare dal piccolo al grande schermo e, nel giro di pochissimo, anche alla radio?
È stato molto curioso quanto in realtà il passaggio non mi abbia fatto strano, perché nel momento in cui uscivo da YouTube c’era già, al suo interno un format: si parlava di visualizzazioni, di click, di commenti. Per certi versi è stato rincorrere un sentimento che YouTube un pochino perdeva in quel momento. La radio, per quanto possa essere vecchia come mezzo, per quanto possa essere annoso, ti dava l’opportunità di trattarla come radio, come mezzo della gente. Mezzo della spontaneità, della freschezza, del realismo, della verità. Tu non hai bisogno di scrivere o di prepararti, tu stai lì con la voce, punto. La cosa interessante, che mi piace della radio, è che mi rimetteva nella condizione di non avere più parametri, di non sapere come comportarmi così come all’inizio non sapevo come comportarmi su YouTube! Quindi, questo sgambetto che mi sono fatto, invece è stato un metodo per ritrovare un modo di comunicare che mettesse in mezzo quello che secondo me è sempre alla base delle cose che mi piacciono, cioè il non aver paura di far vedere che sbagli anche te. Il non aver paura di essere umano, in un mondo nel quale ogni due secondi devi stare a tamponarti con la cipria perché sennò sudi e non bisogna far vedere che sudi!
Dove, quindi, gli errori si tendono a celare…
Esatto! Dove si cela tutto quanto, quindi non mi ha fatto molto strano questo passaggio. Sono stato super prolisso! (ride).
A proposito di quello che hai detto adesso, hai detto che appena sei partito su YouTube, ti sentivi un po’ uno ‘sfigatello’, come hai vissuto invece il passaggio da sfigatello a esempio? Perché dopo di te, un sacco di gente tendeva a imitarti.
In verità, io non ho vissuto in maniera molto strana il momento in cui ho iniziato a vedere altre persone che facevano dei video che potevano somigliare ai miei, che avevano lo stesso format.
Quel format te lo sei inventato tu, Guglielmo, prima su YouTube Italia non c’era nessuno che facesse video come i tuoi…
Diciamo di sì, anche se in verità poi mi è stato detto che l’avevo copiato. Effettivamente esisteva! Già su YouTube America c’erano altri casi, però non è stato un format geniale, è stato un format carino e non difficile. Ti spiego: il motivo per cui io facevo le scenette è perché nessun mio amico voleva farlo! E nessun mio amico voleva mettersi in ridicolo!
Ma la motivazione dove l’hai trovata? Cioè, perché ti piaceva così tanto?
Mi piaceva così tanto perché non sapevo dove altro farlo! Era una sorta di sfogo. Avevo bisogno di sfogare la voglia di fare, di recitare, di scrivere e la voglia di farlo e farlo vedere. E a me piaceva farlo! Non mi piaceva pascermi nel dire “guarda qui”, no. Mi piaceva e basta, anche perché quando ne facevo uno, dopo averlo pubblicato, era già vecchio e avevo voglia di farne un altro. A me, quando le cose cominciano a ripetersi iniziano a stare strette quindi quando ho visto che gli altri usavano il mio stesso mezzo per comunicare, mi ha fatto piacere! Ma non si trattava di “copiare”, è come se Monet e Manet si fossero copiati a vicenda e non era una questione di copiare, semplicemente in quel momento quel linguaggio era il linguaggio nuovo. Era la novità. Quindi mi ha sempre fatto molto piacere.
Cosa ti ha fatto strano?
La cosa che mi ha fatto più strano, è stato il passaggio dall’anonimato a ricevere attenzioni, messaggi, visualizzazioni. A vedere che i mie amici li avevano visti! Amici dei quali io, magari, nutrivo timore, verso i quali non mi sono mai troppo esposto perché erano loro i fighi, quelli che alle medie mi hanno distrutto e che mi hanno insegnato a diventare invisibile. Quindi io al liceo stavo simpatico a tutti e antipatico a nessuno, non ero necessario per troppi. Insomma, ero quella sorta di perno della bilancia; il mio piatto non si muoveva mai. Non mi esponevo mai! YouTube mi ha fatto esporre, perché non c’era nessuno! Nemmeno Facebook c’era! Ho messo “Willwoosh” perché Guglielmo Scilla sarebbe stato violazione della privacy, adesso è normale! Mettiamo in rete di tutto, c’è una sovraesposizione. Allora no, allora “Willwoosh” era veramente il nickname messo come nickname, non come nome d’arte. Adesso sono tutti nomi d’arte. Per me, invece, era il nickname cioè la maschera, per non far sapere chi eri veramente, mettendo invece poi in mostra il vero te stesso. Perché è bellissimo: quando tu non hai la maschera non fai vedere chi sei, quando invece hai la maschera mostri il vero te stesso. E quindi è stato strano perché mi faceva strano essere accettato per quello che ero io. È stato veramente come andare dallo psicologo. Terapeutico. Non mi ha abbagliato, non ho mai pensato “ che figo che sono!”, forse mi ha un pochino bloccato; agli inizi ero diventato un po’ più sociopatico, più attento a quello che facevo, più con l’ansia di sbagliare. Quindi è venuta un po’ di ansia e mi è mancato come gestirla.
Davvero non ti è successo mai che ti sei guardato allo specchio e hai pensato “Cacchio, sono un figo!”?
Sì. C’è stato un momento in cui l’ho pensato. Stavo facendo il mio primo film, a Parigi e ho pensato “Io sono in Francia, in un albergo fichissimo, e non ho ricevuto un calcio in culo che sia uno!”. Però, occhio: non ho ricevuto un calcio in culo, ma ho tante persone da ringraziare. Tutte le persone che hanno visualizzato i video, lasciato un commento. Tutto quell’affetto è servito come un calcio in culo. Un calcio in culo che era più una spinta. Non mi ha fatto male mai. Mi ha portato lì ed è stata una cosa meravigliosa.
Io pensavo che la tua fosse lungimiranza, invece eri sempre ingenuo in quello che facevi…
No, no! Come potevo pensare che da YouTube io potessi arrivare a fare quello che faccio? Era veramente il mio modo per sfogarmi. Era già un traguardo di per sé. Se da quello, io devo pensare che oggi io sono protagonista di una seria per la RAI con Barbora Bobul’ovà, veramente sono sconvolto, ma sono sconvolto perché se fossi andato da me e mi fossi detto, da ventisettenne a ventunenne, “Tu tra sei anni farai questa cosa”, io non ci avrei mai creduto! Mai.
Quindi è stata una cosa fatta più per te stessa che per gli altri.
Sì! Ecco perché ti dico che YouTube deve essere sfruttato come una vetrina; non si può più fingere che non lo sia, però, però esiste modo e modo di mostrarsi.
Però è bello ciò che hai fatto. Nel senso, quando c’eri tu, c’eri solo tu! Sei stato un po’ il padre di questa generazione; hai permesso ad altre persone che, come te, sentivano il bisogno di sfogarsi, a riuscire a esprimersi. Non ti fa sentire orgoglioso in un modo e responsabile in un altro?
In realtà a me fa molto, molto piacere pensare che se un tempo mille iscritti erano tanti, oggi tanti sono centomila. Mi fa pensare a quanto effettivamente sia stato importante, ma non sono solo io siamo stati in tanti. Sono contento di essere stato uno dei primi a farlo; in generale è un motivo d’orgoglio, anche perché tu vedi una persona che si esprime. Sono contento di far conoscere YouTube, non di aver fatto qualche cosa. Mi sento come il primo che ha usato il Bimby e che poi lo ha consigliato alle amiche! Usa il Bimby perché è figo, non perché io cucini particolarmente bene.
A oggi ti sentiresti pronto ad auto-dirigerti?
Noo!
No?
No! Mai, non ho l’esperienza!
C’è una sceneggiatura a cui avresti voluto collaborare?
È una domanda difficile. È come se mi avessi chiesto “come stai oggi?”. È difficile perché come attore non vorrei mai profanare quelle che per me sono state interpretazioni magistrali, come scrittore, allora, “Oltremare”, credo di aver voluto partecipare a ogni sceneggiatura che hanno prodotto! E mi sarebbe piaciuto aver contribuito alla stesura di “Gravity”. Però davvero è difficile, perché sono tanti! Però davvero è difficile, perché nel cinema io nutro tanto rispetto e non te la so dare questa risposta!
Okay, se dovessi dirmi un libro che avresti voluto scrivere?
Un libro che avrei voluto scrivere è diverso. Intendi il libro che avrei voluto scrivere esattamente così? Harry Potter!
Lo sapevo!
Tutti e sette! Porca miseria! Un libro per bambini, che bello! Mi sarebbe piaciuto da morire!
Cosa consiglieresti ai giovani sviliti dall’attuale situazione italiana? Come vivi, al contempo, questa fuga di cervelli?
Cosa consiglio? È una domanda troppo difficile. C’è da mettersi le mani in testa. Sai qual è la cosa assurda? Che siamo arrivati a chiedere alle persone dei pareri su come dovrebbero comportarsi i politici, mentre i politici si mettono a fare le star. Ormai si vedono, anche all’estero, questi attori, cantanti che portano avanti messaggi politici mentre, invece, ci sono politici che fanno la vita da rockstar. Finché non ci si sveglia e non si capiscono quali sono i problemi, non si andrà mai da nessuna parte. Io, ti giuro, mi piange il cuore quando sento di persone che abbandonano l’Italia; quelli che se ne vanno, che scappano. Io, per certi versi, sono contrario perché le persone più in gamba se ne vanno e ci lasciano sempre i più cretini, da un lato li capisco, perché, purtroppo, chi veramente ha voglia di fare e realizzarsi all’estero trova quello che cerca molto più facilmente.
Conoscendoti, so bene che non parleresti mai del tuo privato, ma mi sveleresti il tuo sogno nel cassetto?
In verità, in parte, sto già vivendo il mio sogno nel cassetto. Il mio più grande sogno è recitare e confrontarmi con il mercato estero.
Stai lavorando a qualcosa adesso? Progetti per il futuro?
Sì, sto girando una serie per la RAI che si intitola “Baciato dal sole”; una serie in cui la televisione parla di se stessa e ne parla veramente. Appena finisco inizio una collaborazione con una cosa all’estero, che ancora non posso dirti, però ti dico che è un progetto fuori dall’Italia. Nel frattempo sto lavorando a dei progetti miei che poi vorrò proporre, però vediamo.
Un’ultima cosa: tu, oggi, sei felice?
Moltissimo! E sai perché sono felice? Perché la mia felicità non dipende da ciò che ho. Ho passato due anni un po’ difficili, perché salivo a Milano e lì ero solo; la radio (Deejay) era una cosa meravigliosa che però mi prendeva solo poche ore e poi la giornata la trascorrevo da solo con me stesso. Ho preso un cane (Guldo, 14 kg d’amore) perché mi sentivo solo, solissimo. Tornavo a Roma tutti i weekend perché mi mancavano la famiglia e gli amici; però in quei giorni vedevo sempre gli stessi e mi allontanavo dagli altri che non vedevo mai, per poi tornare a Milano stare da solo e non vedere nessuno. Ritornavo a Roma, non me la godevo e quando risalivo a Milano mi mancava. Una dinamica assurda. Il momento in cui ho iniziato a essere felice è stato nel momento in cui ho deciso di non essere triste. È la cosa più semplice del mondo. Mi sono detto “Mi sono rotto le palle di essere triste; da domani mi metto un paio di occhiali nuovi e incomincio a guardare il mondo in maniera positiva. E funziona, come un incantesimo. Io credo moltissimo nel potere di ottenere ciò che si vuole, e credo che uno dei motivi per cui io, adesso, sto ottenendo effettivamente quello che volevo è stato anche perché l’ho sognato tutta la vita; io andavo a dormire e lo sognavo e questa cosa mi ha sempre fatto stare bene nel corso del tempo. Io credo che l’infelicità la sia abbia anche con venti miliardi di euro sul conto. La felicità ce l’hai anche quando stai a raccogliere il riso e non ti puoi permettere due melanzane. La felicità prescinde da tutto ciò che hai e da tutto ciò che ti succede, perché la si ottiene dal momento in cui tu guardi il mondo con occhi felici. La felicità chiama felicità, dipende da te. Abbiamo così tanti motivi per non essere felici che vale la pena esserlo.
Io sono contenta che tu sia felice, e ti ringrazio per la tua disponibilità.
Il mio “The sky the limit” più che un sottotitolo è un augurio a Guglielmo; a un uomo che è cresciuto con le sue sole forze e che non si è mai sentito arrivato, che si è spinto controcorrente e non ha avuto mai paura di rischiare, che ha gli occhi sognanti la testa tra le stelle e i piedi ben saldi a terra.
Al suo raro buon cuore, alla sua gentilezza e innata disponibilità.
A una persona dal quale mi sento ispirata continuamente.
Grazie mille Gu, e in bocca al lupo per tutto.
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