Le Iene: rischio che frutta e verdura non arrivino nei supermercati?
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Le Iene evidenzia la mancanza, a causa del lockdown, di braccianti agricoli. E se i prodotti ortofrutticoli non riuscissero a raggiungere i supermercati?
Durante il lockdown, non è mancato cibo tra gli scaffali del supermercato, e sopratutto non sono mancati prodotti ortofrutticoli. Ora, però, durante la fase della ripartenza, emergono alcuni aspetti critici: duemila braccianti, per colpa delle restrizioni imposte dal Covid, non possono prestare lavoro nei campi. Gli agricoltori sono in difficoltà e si sfogano nel programma di Italia1: “Rischiamo di non aver prodotti da vendere“. Di conseguenza, noi rischiamo di non avere prodotti da comprare.
La questione è urgente poiché la stagione della raccolta estiva è prossima o già iniziata. La fase 2 potrebbe assistere alla paralisi dell’anello principale dell’economia: l’agricoltura. Il problema risiede soprattutto nel fatto che la manodopera sia composta principalmente da stranieri, cioè operai agricoli rimasti bloccati nei paesi d’origine a causa della pandemia.
“Finora non sono mancati i prodotti negli scaffali dei supermercati perché si trattava di prodotti conservati in cella, ovvero prodotti autunnali (mele, pere, kiwi ecc), raccolti a novembre“, spiega un agricoltore alla Iene. Quelle stesse celle frigo, tra 20 giorni, riusciranno a contenere lattuga, pomodori, carote e pesche, albicocche, meloni?
Le proposte per risolvere l’emergenza
Se non è praticabile aprire cordoni internazionali dove far transitare i lavoratori agricoli, si potrebbe pensare ad offrire lavoro nei campi a chi riceve reddito di cittadinanza. Infatti, dal momento che 2 milioni usufruiscono del reddito, per evitare che valanghe di frutta e verdura marciscano basterebbe il contributo di un cittadino su dieci.
Il Ministro Bellanova, interrogata da Le Iene, risponde: “La mia proposta è offrire permessi di soggiorno stagionali, regolarizzando i migranti che sono già in italia. I lavoratori italiani che percepiscono il reddito possono dare la propria disponibilità, ma non possiamo costringerli a fare un lavoro invece di un altro“.
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