Happy New Year, chi ha paura del 2017?
Siamo alle porte del 2017 , e c’è già chi fa i primi bilanci. Un altro anno si è concluso. Un anno in più. Un anno negativo per gli scaramantici, un anno che viene dopo un anno cinico e spietato per i possibilisti. Happy New Year?
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Finalmente il 2017: Happy New Year!
Prima il 2016, l’anno temuto dalla musica, dalla politica, dall’economia e dal mondo intero.
In un anno, questo disperato 2016, in Italia siamo passati dall’accelerata democrazia cristiana 2.0 di Renzi alla più confortante e invisibile guida di Gentiloni, sullo sfondo dell’ennesimo atto dei burattinai scudocrociati.
Un Presidente della Repubblica incorporeo, inetto alla comunicazione, con il suo tono monocorde e la goffa presenza, che profetizza sofismi cristiani ad un popolo che non sa essere ancora civile.
Due Referendum all’attivo, e ancora nessuna elezione democratica. Gli italiani che non toccano la Costituzione – smascherando però le palesi propagande politiche a discapito dell’etica costituzionale – ma che permettono la devastazione dei mari e delle loro terre. Terre violate dalle trivelle, che hanno deciso di ribellarsi, sperando di scuotere le coscienze: e mentre arriva il sostegno, seppur esiguo, dal Congo ai terremotati, capisci di essere ancora dalla parte sbagliata del mondo.
Ma l’importante è attendere il countdown di San Silvestro per far partire trenini, aprire champagne e spendere quello che non si ha in un anno in un solo giorno. Tutto per urlare Happy New Year, sullo sfondo di foto edulcorate, spente atmosfere di giovialità, che per giorni bombarderanno i social nell’attesa di un ricco bottino di like.
Così si finge un sorriso nel frame chiamato ad immortalarlo, si finge che tutto vada bene nei giorni di festa, per poi tornare alle lamentele stereotipate nel tardo pomeriggio del 6 gennaio.
Sarà stato l’anno bisesto, che si sa è sempre funesto, ma a conclusione, tirando un sospiro di sollievo, tutti a proclamare che un anno peggiore del 2016 non c’è mai stato, mai ci sarà.
Eppure è bastato il tempo di riprendere il respiro, per far trasalire al pensiero di questo 2017. Si brancola nel buio, nessuna certezza, poca speranza forse già disattesa.
Dopo un anno di perdite, odio, razzismo, violenza, ci si aspetterebbe un po’ di bellezza, un po’ di quella poetica delicatezza che incanta dinanzi alla purezza dell’esistenza. Eppure il risveglio brusco del 2017 ci parlerà probabilmente di altro dolore, di terrore e insensata follia.
E mentre resusciteremo dagli ennesimi bagordi, dovremmo quindi seriamente aver paura di questo 2017. Molti non vorranno sentire questi discorsi, ancora carichi di frenesia ed entusiasmo, proiettati su progetti e speranze da consegnare al nuovo anno, altri ben più cinici troveranno scontato questo prologo.
Ma davvero vorrei invitare a riflettere, chi alla questione non ha minimamente pensato, su come, con questi presupposti, si possa davvero credere in un anno migliore? Perché non sarà l’anno diverso a sistemare le nefandezze quotidiane a cui assistiamo passivamente, spesso da incoscienti ma ben più frequentemente da ignavi.
E allora attenderemo la fine del 2017 per lamentarci anche dell’anno appena trascorso. E non sarà più il 2016 l’anno peggiore: l’avremo già scordato! Ogni anno sarà peggiore di quello precedente, finché la nostra stessa esistenza ne sarà la causa e non la conseguenza, in uno status di vacazioni istituzionali, mala politica e crisi economica.
Non resta, quindi, che giungere le mani in segno di “Smisurata preghiera”, per non ritrovarci, tra 362 giorni, a tirare un sospiro di sollievo perché finalmente anche il 2017 è finito: l’anno peggiore della nostra vita, fino al prossimo.
China e distante sugli elementi del disastro
dalle cose che accadono al di sopra delle parole,
celebrative del nulla, lungo un facile vento di sazietà, di impunità
… per chi viaggia in direzione ostinata e contraria
col suo marchio speciale, di speciale disperazione,
e tra il vomito dei respinti muove gli ultimi passi
per consegnare alla morte una goccia di splendore, di umanità, di verità …
Disobbedienti alle leggi del branco,
non dimenticare il loro volto che dopo tanto sbandare è appena giusto,
che la fortuna li aiuti come una svista, come un’anomalia,
come una distrazione, come un dovere.
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