Eni e il petrolio in Basilicata: c*****i, mazziati e contenti
Eni interviene sulla questione petrolio in Basilicata, ma le dichiarazioni di De Scalzi evidenziano un piano a dir poco diabolico. Silenzio assoluto su quanto accade in cambio di nuovi investimenti
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Una delle “armi” maggiormente usata per imporre una determinata scelta sul territorio era, fino a qualche tempo fa, il celebre ricatto occupazionale.
Facendo leva sugli immani ritorni in termini di attività lavorativa, infatti, si riusciva a portare avanti una scelta che, per quanto impopolare, avrebbe soddisfatto, in un futuro non meglio specificato, le esigenze dei cittadini che la subivano.
Da qualche anno a questa parte, però, non avendo dato né risposte sul lavoro né sul paventato sviluppo di uno specifico territorio, le “grandi aziende”, quelle cioè a capo delle cosiddette “grandi opere strutturali”, hanno capito che era arrivato il momento di cambiare strategia e puntare su altro: la benevolenza locale a tutti i costi.
E’ questa la situazione che si è delineata nell’ultimo periodo nel rapporto tra Eni e Basilicata dove, a spiegare la situazione è stato l’Ad del cane a sei zampe attraverso un monito più che chiaro, dal suo punto di vista si intende.
Claudio De Scalzi, difatti, negli ultimi giorni ha dichiarato, intervenendo sulla questione petrolio in Basilicata: “Si possono investire miliardi, raddoppiando o triplicando la forza lavoro, ma serve un clima con la popolazione: investirò se ci sarà un dialogo reale. Noi vogliamo investire, ma ci concentriamo per avere un maggiore consenso sul territorio. Se verrà trovato lo faremo”.
Le parole del dirigente Eni non hanno bisogno di spiegazioni, anzi sono fin troppo chiare, ma meritano un’attenta analisi che investe tanto l’ambito politico quanto quello sociale.
Dal punto di vista politico, non si riesce a capire quale sia la reale strategia che il governo regionale in carica abbia preso in considerazione.
In effetti, dopo questa dichiarazione, si rende quasi implicita una condivisione totale di visioni, data una mancata replica su quanto detto dall’Ad Eni da parte dell’esecutivo, da far pensare ad un’azione parallela di convincimento verso la popolazione.
In pratica, sembra quasi sentir dire da due campane, differenti ma dallo stesso tono, lo stesso messaggio, chiedendo di azzerare la memoria collettiva su quanto accaduto in precedenza e su quanto sta accadendo ora su questioni vitali per la Basilicata (leggi diga del Pertusillo).
Dal punto di vista prettamente sociale, invece, il discorso si complica leggermente ed investe tutti coloro che, per i più svariati motivi, hanno deciso di condividere un percorso differente da quello instaurato nel 1990.
I “quattro comitatini” lucani, come venivano considerati dall’allora Presidente del Consiglio Renzi, sono ancor’oggi considerati come un mero ostacolo ad un futuro che, pur portando sempre lo stesso misero destino per le popolazioni, avrebbe il solo merito di continuare a far spopolare la regione stessa.
Allo stesso tempo, inoltre, sembra quasi esserci una sorta di invito a tutti coloro che non sono schierati nei comitatini di mettersi contro chi evidenzia le scelte scellerate compiute in Basilicata, al fine di avere il povero ritorno economico offerto dalle attività estrattive.
In un mondo dove si pretende il consenso ad ogni costo, anche il diritto di protestare contro infelici scelte passate è diventato, ormai, un diritto per soli pochi eletti.
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