Abdeslam, il baro detta le nuove regole del gioco
Salah Abdeslam tenta l’ultimo tiro ai dadi: l’estradizione, nel più breve tempo possibile, in Francia. Astuzia, incoscienza… qual è la prossima mossa?
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La figura del baro e quella di Salah Abdeslam nelle ultime ore combaciano perfettamente. Abbiamo già dimenticato l’immagine dei quattro poliziotti belgi e due francesi che bussano alle porte della casa in cui, in un raggio di dieci chilometri quadrati da casa sua, si nascondeva Salah Abdeslam. Tra i più pericolosi latitanti degli ultimi tempi, colpevole di aver partecipato e contribuito ad organizzare la strage del 13 novembre 2015 a Parigi in cui persero la vita 130 vittime innocenti, ora dal carcere belga avanza una richiesta.
Follia e poche precauzioni per un calcolatore come Salah. Non regge più la storia di voler collaborare con la giustizia e le autorità belghe. Troppi dubbi e collegamenti: oltre ai presunti coinvolgimenti con le esplosioni di martedì 22 marzo, la novità ora è il suo desiderio di voler sostenere il processo in Francia, escludendo così la possibilità di rispondere dei due attentati ma solamente di quello che l’ha visto protagonista lo scorso novembre.
Poi, tra la notte del lunedì ed il martedì, il colloquio con il suo difensore nel carcere di massima sicurezza di Bruges: “No. Non conosco El Bakraoui“, insiste Salah. Lo giura con fermezza al suo avvocato, l’incredulo Sven Mary, il quale in seguito alla sua decisione di voler difendere un terrorista si è trovato persino costretto a dover chiudere il suo studio legale. Aggressioni, la stampa addosso: per l’avvocato non v’è tregua, sia dentro il carcere di Bruges col baro e la sua disperata voglia di trovare un appiglio, sia fuori. “C’è solamente il dovere ed il compito di un avvocato di verificare le regole ed i diritti del signor Abdeslam… perché ne ha ancora, anche se spesso pensiamo che non ne abbia più” confessava con non poco sentimento Sven Mary al Corriere.it qualche giorno fa. Ed è esattamente questo il momento in cui disperata non è solo la situazione del suo assistito, bensì anche quella del suo legale.
Ora che gli identikit sono rimasti su di una scrivania, e al posto di una sagoma abbiamo un corpo, i dubbi si moltiplicano e le prossime mosse si azzerano. L’allerta rischio è scesa da 4 a 3, ma l’improvvisa volontà di Abdeslam di essere consegnato nelle mani dei francesi lascia non poche domande: Salah non era al corrente di quei piani, aveva abbozzato l’avvocato Mary.
Un quadro chiaro ed in questi casi la situazione non può essere così chiara e limpida escludendo quindi l’ipotesi di ulteriori tranelli o fallace nella risoluzione del caso; tuttavia, è evidente ormai a tutti che il legame tra Salah e gli autori delle stragi martedì, a tal punto che la sua difesa resta penzolante ad filo, indecisa dalla formalizzazione di una nuova accusa e quindi la caduta in un maxi processo, o quella di concorso di colpe nelle stragi del 22 marzo. La Procura di Bruxelles si affaccia al caso.
La figura del baro ed il suo profondo tormento potranno trovare sollievo, forse, solo nel caso in cui Abdeslam risponderà di fronte alla Procura o alla corte di Parigi per la strage di 130 innocenti. Quale tra la Procura francese e quella belga sono il male peggiore e quello minore? E per quale motivo?
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