Afghanistan, rinvio del ritiro truppe Usa
Gli USA prolungano la permanenza delle truppe in Afghanistan, cosa potrebbe provocare in Medio Oriente?
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A fronte della situazione calda in Medio Oriente, il governo americano ha dichiarato che la permanenza del proprio esercito in territorio afghano è confermata anche per il 2016. La risposta delle truppe talebane è stato l’annuncio di una futura e conseguente presa di mira di obiettivi esclusivamente statunitensi, oltre che l’ammonimento per una politica di guerra all’insegna della cecità e dell’imprudenza.
È risaputo, infatti, che la nascita di un conflitto in Afghanistan provocherebbe un inevitabile scontro nell’ambito degli interessi dei paesi ex URSS, oltre che una conseguente reazioni delle popolazioni indigene.
È già evidente la crescente impopolarità degli Stati Uniti in politica estera, soprattutto per quanto concerne la recente mancanza di reattività dinanzi a una minaccia incombente come lo Stato Islamico e alle richieste disperate di aiuto disattese che provenivano dai paesi mediorientali e dell’Africa settentrionale.
Nonostante l’annuncio americano, i talebani hanno offerto la propria disponibilità al dialogo con tutte le parti interessate, al fine di pattuire una garanzia di pace e sicurezza dell’Afghanistan, oltre che il ritiro delle truppe degli eserciti stranieri dal territorio. Le agenzie russe riferiscono che la CSI (Comunità degli Stati Indipendenti), nata dalle ceneri dell’URSS, abbia istituito una task force per la difesa dei confini, nel caso sorga una nuova crisi politica nello stato afghano.
Sembra essere di altro avviso il presidente afghano e filo-statunitense Ashraf Ghani, il quale ha approvato l’annuncio della Casa Bianca in merito alla permanenza territoriale dell’esercito a stelle e strisce. Affermazioni non sorprendenti, dal momento che Ghani ha lavorato molti anni per il FMI (Fondo Monetario Internazionale).
In ogni caso, Barack Obama è stato molto chiaro: 5000 truppe rimarrano stanziate nella regione oltre il 2016, dunque, oltre la scadenza del governo democratico.
È dunque evidente la volontà di non rassegnazione statunitense, in quanto potenza in declino, nel voler mantenere i propri interessi egemonici nello scacchiere geopolitico eurasiatico, come del resto è chiaro che vi siano nuovi paesi emergenti (i cosiddetti BRICS) intenti creare un clima di coesistenza pacifica, oltre che una personale sfera di interessi.
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