Basilicata mia come ti hanno ridotta. Pensieri e parole su una sciagura annunciata
La Basilicata da troppi anni non è più quella “isola felix” decantata dai diversi testi presenti. La questione smaltimento fa emergere chiaramente il peggio della gestione nazionale e regionale sul petrolio e la pessima considerazione che gli amministratori hanno sul piccolo centro del meridione
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Quando si parla di Basilicata nella mente della gente compare, inevitabilmente, l’immagine romantica di una regione felice, nonostante l’isolamento totale dal resto dello stivale, i cui abitanti, considerati ancora oggi “esclusivamente” come contadini o piccoli proprietari terrieri, sono visti come “gente semplice” ma forte che, malgrado il destino beffardo per quella vita, lottano giorno per giorno per la loro dignità.
Nella popolazione italiana, insomma, è rimasta quella tenera visione della Lucania descriva da Carlo Levi, confinato durante il regime fascista nella piccolissima Aliano, in cui “il contadino vive, nella miseria e nella lontananza, la sua immobile civiltà, su un suolo arido, nella presenza della morte”.
Eppure, negli anni, la Basilicata si è evoluta, sia dal punto di vista economico che culturale, ma non sempre questo sviluppo è andato nella direzione che i propri abitanti si aspettavano.
Nell’ultima inchiesta sulla questione petrolio (ultima non solo dal punto di vista temporale ma anche dal punto di vista giudiziario) la “terra felix” ha mostrato il suo lato peggiore e, allo stesso tempo, il grado di considerazione che i “governanti nazionali” hanno per questa terra dimenticata, dati i soli 500.000 abitanti o poco più, da Dio e dagli uomini.
Infatti, procedendo per gradi (partendo, cioè, dal livello nazionale per arrivare al locale) si possono rilevare due elementi specifici: il totale “disprezzo” del governo centrale verso una regione considerata utile esclusivamente per le sue risorse (sia chiaro non quelle “tradizionali” quali agricoltura e turismo) e un sentimento non dissimile dei “governanti locali”.
Per quanto riguarda il primo punto, la questione smaltimento, che ha coinvolto praticamente chiunque (non solo l’ex Ministro Guidi e il suo compagno ma anche il Capo della Marina De Giorgi, il Presidente del Consiglio Renzi, che ha definito come “sacrosanto” l’emendamento sullo smaltimento, e il Ministro Boschi, firmatario del provvedimento in questione) ha fatto emergere un particolare atteggiamento “simil-coloniale” dei vertici dello Stato in cui, con il rodato ricatto occupazionale (che non ha risolto assolutamente la questione lavorativa in Basilicata), ha deciso di applicare la stessa formula presente in tutti quelle altri luoghi in cui sono presenti giacimenti petroliferi, avendo, però, la certezza che nella piccola regione non ci sarebbe stata alcuna rimostranza locale (dato anche il “dominio” partitico piddino in regione).
Dal punto di vista locale la situazione è da considerarsi anche più tragica e le “colpe” in questo caso sono da dividersi fra i diversi amministratori.
Da un lato, infatti, si ha la “vergognosa” vicenda del Sindaco di Corleto Perticara (quella del famoso “A noi della sicurezza non ce ne fotte niente”) in cui è stato scoperchiato il vaso di Pandora da cui sono fuoriuscite tutte le pecche di un sistema fondato sulla mediocrità, sul malaffare e sulla volontà di ridurre di proposito la popolazione locale al fine di governare meglio con pochi adepti.
Dall’altro può essere evidenziata la leggerezza con cui gli amministratori regionali, coloro che attualmente promuovono il sì al referendum del 17 aprile, hanno gestito l’intera faccenda petrolio in regione e gli “affari” legati all’oro nero.
Da tutta questa brutta vicenda, che ha generato solamente gravi malattie, disoccupazione e “svuotamento” della Basilicata, però, tutti si dichiarano estranei tanto da far venire in mente un solo pensiero…
…”Non siete Stato voi che trascinate la nazione dentro il buio ma vi divertite a fare i luminari. Non siete Stato voi che siete uomini di polso forse perché circondati da una manica di idioti.” (Non siete stato voi, Caparezza)
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