Blade Runner 2, Harrison Ford torna ad interpretare l’agente Rick Deckard
Blade Runner 2: la casa di produzione americana scioglie le riserve e annuncia l’inizio delle riprese del sequel di un film diventato un cult senza tempo
[ads1]
Blade Runner 2 – Dopo anni di attesa e indiscrezioni la Alcon Entertainment – detentrice dei diritti televisivi e cinematografici del film- ha finalmente sciolto le riserve: nell’estate del 2016 è previsto l’inizio delle riprese del sequel del film. Tra i protagonisti ritroviamo Harrison Ford nei panni dell’agente speciale, cacciatore di replicanti (Rick Deckard) di 33 anni fa. L’attore, dopo la lettura del copione, ha dichiarato: “Ha la migliore sceneggiatura che abbia mai letto”.
La Al-con aveva acquistato i diritti cinematografici del film già nel 2011 dal produttore Bud Yorkin e da allora l’idea del sequel ha iniziato a circolare negli ambienti hollywoodiani. Per diverso tempo si è pensato, in realtà, ad un prequel ovvero le vicende avrebbero dovuto precedere quelle narrate nella pellicola del 1982.
Non sarà Ridley Scott a dirigere le riprese; l’autore britannico compare come produttore e partecipa alla creazione del copione insieme ad Hampton Fancher e Micheal Green. Fu proprio Fancher, trent’anni fa, l’artefice della trasposizione del romanzo di Philip Dick, Il cacciatore di androidi (1968), al cinema con la regia di Scott. La regia del secondo film è affidata al canadese Denis Villeneuve che di recente ha diretto i film Prisoners e Enemy (entrambi con Jake Gyllenhaal).
Dell’ambientazione si sa solo che è “qualche decennio dopo i fatti del primo film”, la cui azione si svolgeva nella Los Angeles del 2019.
Blade Runner rientra a pieno titolo tra i migliori film della storia cinematografica fantascientifica. Al contrario dei predecessori del genere come Star Wars e 2001: Odissea nello spazio, il film non fa affidamento a grandiosi effetti speciali e non è ambientato nello spazio. Il girato è, piuttosto, incentrato sul tema della progressiva somiglianza, in un mondo futuro, tra essere umani e replicanti dalle sembianze umane. Sebbene si presenti come un film d’azione in esso sono presenti diversi livelli narrativi: dalle convenzioni del genere noir (l’antieroe taciturno, solitario, la narrazione fuori campo del protagonista) si passa a temi quali la possibilità dell’eugenetica e della clonazione con le relative implicazioni morali e religiose. La scelta di ambientarlo in una Los Angeles piovosa, trafficata e perennemente avvolta dalla nebbia contribuisce a creare l’atmosfera buia del film. Il monologo finale, pronunciato dal replicante Roy Batty prima di morire, è diventato un riferimento pop: “Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi: navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione, e ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia. È tempo di morire”.
http://youtu.be/9UVhl8t3Tu8
La versione originale venne proiettata a Danver e a Dallas nel marzo del 1982, ma il successo non fu immediato; ottenne solo due nomination agli Oscar (miglior sceneggiatura e migliori effetti speciali).
Individuare il motivo per cui il film fu considerato un mezzo flop nel 1982, per poi essere totalmente rivalutato nel corso degli anni, non è una cosa semplice.
Sicuramente una vera e propria svolta che portò al riconoscimento di Blade Runner come uno dei migliori film di fantascienza nella storia del cinema si ebbe con le versioni successive, migliorate e modificate.
Alcune modifiche, in realtà non viste di buon occhio da Scott, si ebbero sin da subito, proprio per cercare di aumentare il consenso del pubblico. L’aggiunta del lieto fine e della voce narrante fuori campo furono dovute proprio a questo primo edit della pellicola originale.
La versione che ha poi definitivamente lanciato Blade Runner nell’olimpo della cinematografia sci-fi è indubbiamente la Director’s Cut del 1992. Rispetto alla versione originale del 1982, quella realizzata dieci anni dopo presenta una modifica sostanziale: la scena finale insinua il dubbio che Rick Deckard sia egli stesso un replicante, dato che i sogni del poliziotto sembrano essere costruiti, programmati, in maniera esattamente identica ad un androide.
Un’altra versione, definita Final’s Cut, fu distribuita nel 2007, presentando numerose migliorie sotto l’aspetto audiovisivo e, nonostante sia considerata quella definitiva, presenta una eccessiva «modernità» rispetto alla versione originale.
Queste innumerevoli versioni rivedute e corrette mostrano come la tematica della replicazione fluisca dalla trama del film alla totalità del fenomeno culturale Blade Runner. Blade Runner parla di replicanti, ma è esso stesso un replicante dalla forma fluida, mutevole, aperto a riadattamenti, a nuove revisioni, ad altre avventure. Ecco perché Blade Runner 2 non tradirà le aspettative.
Articolo a cura di Alessandro Altieri e Germana Giardullo
[ads2]
ARTICOLO PRECEDENTE
ARTICOLO SUCCESSIVO