Politica

La linea di confine dei social media: bloccato profilo Twitter di Trump

Gli eventi di Capitol Hill segnano una nuova linea di confine, valida anche per i social media. Dopo Facebook e Instagram, anche Twitter decide di bloccare ‘a tempo indeterminato’ il profilo del presidente Trump

WASHINGTON – Gli eventi di Capitol Hill segnano una nuova linea di confine, a quanto pare valida anche per i social media. Dopo Facebook e Instagram, venerdì anche Twitter ha deciso di rimuovere il profilo del presidente Donald Trump ‘per l’alto rischio di istigazione alla violenza‘. Twitter ha così annunciato la sua decisione di ‘chiudere immediatamente il profilo twitter del presidente‘ seguito da ben 88 milioni di seguaci.

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I Tweet incriminanti

La compagnia ha dichiarato di essere giunta alla decisione radicale di rimuovere il profilo presidenziale (@POTUS) e quello privato del presidente Trump a causa di alcuni Tweet di venerdì scorso, in cui Trump avrebbe parlato di ‘patrioti‘ riferendosi ai rivoltosi di Capitol Hill. Non solo, il presidente avrebbe apertamente comunicato di non avere nessuna intenzione di prendere parte all’inaugurazione presidenziale del 20 gennaio.

Twitter non ci sta e decide di tracciare una linea di confine. Già in passato, la compagnia californiana aveva optato per l’eliminazione di alcuni Tweet del presidente, considerati inclini alla violenza. Un esempio risale alle proteste dei Black Live Matter, in occasione dell’uccisione, per mano di alcuni agenti della polizia, dell’afroamericano George Floyd. Per l’occasione, il presidente Donald Trump aveva così scritto in un Tweet: ‘Quando scoppiano le proteste, scoppiano gli spari‘, annunciando la disposizione dell’esercito per le strade. Se per le proteste della comunità afro-americana, Trump si è da sempre schierato a favore della soppressione anche violenta delle proteste e all’uso delle forze armate, ciò non è mai accaduto per i gruppi di estrema destra, apertamente suoi sostenitori.

I Tweet sarebbero ‘altamente inclini a incoraggiare e ad ispirare nuove azioni violente, come quelle avvenute il 6 gennaio 2021, a Capitol Hill‘, fa sapere Twitter. Donald Trump però, dopo essersi visto rimuovere il suo profilo privato, avrebbe cercato furbamente una scappatoia: utilizzare il profilo presidenziale @POTUS, il profilo istituzionale dei presidenti americani. Quasi tutti i post, però sarebbero stati repentinamente cancellati dalla compagnia californiana.

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I Tweet notturni del presidente

Che Trump fosse un accanito sostenitore dei Tweet non è una novità. Decine e decine di Tweet al giorno, di solito postati durante la notte o al mattino presto, lontano dagli occhi indiscreti del team presidenziale. Allo staff, spesso all’oscuro delle dichiarazioni postate dal presidente, sarebbe poi toccato il giorno seguente di raccogliere i cocci del caos creato durante la notte. Commenti sprezzanti su specifici network televisivi, attacchi ai suoi nemici, tutto in tempo reale. La Casa Bianca ha avuto un bel da fare con i social media durante la presidenza Trump, uno dei principali mezzi di comunicazione del suo mandato: ‘Senza i Tweet non sarei qui‘, affermava Trump nell’aprile del 2017, al Financial Times.

Libertà di parola sì, libertà di parola no

Sulla decisione presa da Twitter, ma anche da Facebook e Instagram, l’opinione pubblica si divide in due. Se da un lato c’è chi urla “finalmente”, dall’altra si parla di una violazione della libertà di opinione e di parola, da sempre vessillo delle piattaforme social di tutto il mondo. Secondo la ricercatrice dell’Università del Nord Carolina, Shannon McGregor, la sospensione a tempo indeterminato dell’account Twitter del presidente ‘sarebbe dovuta avvenire molto tempo fa, considerando che‘, ha poi aggiunto ‘escluderlo dalla piattaforma, significa vietargli l’accesso diretto alla stampa e dunque al pubblico‘.

Trump non si lascia intimorire però e annuncia che presto farà ‘un importante annuncio‘, riferendosi all’intenzione di creare una piattaforma social tutta sua. ‘Twitter non ha niente a che fare con la libertà di parola’ ha dichiarato Trump, ‘sono troppo impegnati a promuovere la sinistra radicale, permettendo ad alcuni degli essere più viscidi al mondo di parlare liberamente‘.

Lo schieramento dei social media

Prima di Twitter, anche Facebook, Instagram, Snapchat, Youtube, Twitch e Reddit si erano schierati contro il presidente Trump dopo le proteste di Capitol Hill, Washington. Tuttavia, la presa di posizione dei social media porta inevitabilmente alla luce le contraddizioni delle piattaforme digitali. I magnati dei social media, capitanati da Mark Zuckerberg, si sono fatti strada negli anni seguendo un unico grande slogan: tutelare la libertà di espressione. Un aspirazione forse troppo alta da poter gestire, scontrandosi con le necessità economiche di quella che è, in realtà, una vera e propria azienda economica, seppure ultra miliardaria.

Negli anni, infatti, le piattaforme californiane si erano più volte rifiutate di zittire, eliminare o rimuovere post-tweet del presidente, nonostante le segnalazioni, a tutela della libertà di parola. Ciò accadeva per le dichiarazioni fumose del presidente riguardanti il Covid, ma anche in occasione delle elezioni. Proprio su Twitter aveva, infatti, preso piede lo slogan ‘stop the steal‘, ormai diventato emblema della battaglia intrapresa dai sostenitori di Trump.

La decisione di Twitter, di bloccare il profilo del presidente Trump, è stata maturata in seguito alla forte pressione ricevuta dai suoi stessi impiegati, ma anche da personaggi pubblici come Michelle Obama.

Profili rimossi

Dopo Trump è toccato anche ad alcuni esponenti del suo staff e sostenitori, che si sono visti rimuovere il proprio profilo Twitter nel giro di pochi minuti. L’accusa sarebbe di aver favorito la diffusione di teorie di cospirazione. Stessa sorte per l’avvocato Sidney Powell e per l’ex consigliere della Sicurezza Nazionale, Michael T. Flynn.

Donald Trump Jr. ha così commentato la decisione di Twitter contro suo padre come ‘assolutamente folle‘, aggiungendo: ‘Stiamo vivendo 1984 di Orwell. In America non esiste più la libertà di parola. E’ morta con il Big Tech e ciò che rimane è per pochi scelti‘.

La senatrice della Carolina, Lindsey Graham ha così dichiarato: ‘E’ tempo per il Congresso di ripristinare la Sezione 230 e mettere il Big Tech sullo stesso livello legale di tutte le altre aziende americane‘.

La Casa Bianca

Che Trump desse filo da torcere al suo team non è una novità, ma che lo facesse a causa dei suoi tweet sembra avere dell’assurdo. La tensione sarebbe stata talmente alta che, lo scorso anno, il responsabile della campagna elettorale di Trump, Brad Parscale, avrebbe suggerito al presidente di spostarsi su Parler, un social media alternativo, diventato popolare tra gli esponenti di destra. Alternativa declinata da Jared Kushner, consigliere senior del presidente, rassicurando il team che Twitter non si sarebbe mai sognata di agire contro il presidente degli Stati Uniti.

La linea di confine

La decisione di Twitter è stata presa in seguito a un lungo meeting, tenutosi venerdì scorso. La richiesta di rimozione dell’account sarebbe nata proprio dai suoi dipendenti che avrebbero fatto sempre più pressione sui manager per rimuovere ‘a tempo indeterminato‘ l’account di Donald Trump. I manager, tra cui Mr. Dorsey, si sono detti favorevoli a rispettare le politiche della piattaforma che, nello specifico, permetterebbero all’user di ripostare nuovamente il tweet cancellato.

Allo stesso tempo però, il manager Dorsey, insieme al capo legale della compagnia, Vijaya Gadde, ha deciso di tracciare una linea di confine, valida anche al presidente degli Stati Uniti. Se e quando, come in questo caso, sarà valicata la linea di confine, il colosso di Palo Alto non esiterà ad agire nuovamente contro il tycoon. Nessun privilegio, neanche su Twitter, questo è il messaggio che il gruppo californiano sente di dare in questi giorni di caos.

La rimozione del profilo Twitter di Trump di certo non risolverà i problemi della nostra politica, né tanto meno porterà milioni di americani alla realtà‘, commenta Emerson Brooking, membro dell’Atlantic Council’s Digital Forensic Research Lab, ‘ma di certo rende più difficile alla disinformazione di diffondersi e rende più difficile per Trump raggiungere i suoi seguaci‘.

Fabiana Raimo

Laureata in Studi Comparati presso l'Università L'Orientale di Napoli. Appassionata di attualità, cronaca giudiziaria e politica internazionale.

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