Centrodestra alle prese con problemi di stabilità interna. La vita della coalizione dipende dal rapporto tra Salvini e Berlusconi
Il
secondo giro di consultazioni, più che per la conferma dell’impasse (scontato considerate le mosse degli ultimi giorni), sarà ricordato come il ritorno in auge di
Berlusconi. L’
ex Cavaliere, infatti, dovendo mettersi obbligatoriamente in secondo piano per far spazio a
Salvini – nella dichiarazione post consultazione con
Mattarella – ha ben deciso di giocarsi il tutto e per tutto con la battuta finale a sorpresa (che, al momento, è più ricordata dell’intero discorso del leader della
Lega). La reazione a catena successiva, che ha smontato un’eventuale accordo di Legislatura con il
M5S, ha condotto ad un ulteriore scenario che non solo ha riportato in auge l’
ex Presidente del Consiglio ma ha messo anche in totale difficoltà l’alleato di coalizione. L’ambito istituzionale e quello politico/elettorale in questo frangente sono praticamente indissolubili ed entrambi i protagonisti si giocano tutto sotto diversi i punti di vista. Se da un lato le
regionali in Molise potrebbero modificare ulteriormente gli equilibri – non tanto per la
mole di voti presenti ma per un semplice
messaggio all’alleato – dall’altro una qualsiasi mossa prima della
tornata elettorale potrebbe ribaltare la valenza politica a livello nazionale. Facendo riferimento ai singoli personaggi, si può dire che al momento l’
ex Cavaliere sembra aver ripreso in mano il destino della coalizione di
centro – destra. Sentendo odore di debacle prolungata –
sintomo che ha colpito i
partiti tradizionali nell’ultima competizione –
Berlusconi con le uscite di questi giorni, in cui zittisce l’alleato leghista, cerca di scongiurare l’accordo
Lega – M5S e, allo stesso tempo, perdere quanto meno appeal elettorale in favore del segretario federale. Per il leader in pectore di
FI, difatti, un supporto
Pd sarebbe più conveniente – avendolo già sperimentato – considerando anche la schiera di transfughi pre 4 marzo, eletti nelle liste di
centrosinistra. Dal canto suo
Salvini è, praticamente, impossibilitato ad applicare qualsiasi tipo di soluzione. Mentre da un lato cerca di fare eccessivamente la voce grossa forte del
37% di coalizione, dimenticando che un’eventuale trattativa considererebbe il suo
17%, dall’altro il passo finale per il passaggio del testimone della coalizione è talmente vicino da non poter abbandonare lo storico fondatore dell’agglomerato partitico. A tutto ciò, infine, si associa anche la
crisi siriana di questi giorni che ad un blocco totale dell’istituzioni richiede una risposta forte e chiara – e, soprattutto,
ragionata – da parte di un
Governo stabile.