3 Gennaio 2017 - 16:50

Cisl e Jobs Act. Quando il sindacato non ascolta i lavoratori

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La Cisl, tramite il suo segretario, interviene su Jobs Act e voucher. Le parole della Furlan, però, volgono verso la riforma del lavoro e contro la consultazione popolare

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La tristemente celebre riforma del lavoro (Jobs Act), oltre alle enormi defezioni, contiene al suo interno un obiettivo più specifico riassumibile dalla locuzione latina Divide et impera.

Questo principio, scontato per chi subisce le conseguenze della legge (gli stessi lavoratori, vecchi e nuovi), è riuscito a compiersi in pieno con la definitiva rottura sindacale che, stando anche alle forti critiche formulate dal potere costituito (spesso in maniera pretenziosa), ha sancito la morte tanto dell’azione quanto del senso di esistere delle organizzazioni dei lavoratori.

Il segretario Cisl, Annamaria Furlan

Infatti, dopo un’intervista rilasciata al corriere della sera, il segretario generale della Cisl, Annamaria Furlan, ha fatto intendere, in maniera alquanto chiara, in che direzioni il suo sindacato intenda muoversi.

Considerando che la Cisl, soprattutto negli ultimi due anni, si è tendenzialmente schierata al fianco del potere costituito, si può dire che nonostante una realtà a dir poco disastrata (rappresentata anche dagli iscritti all’organizzazione), le parole della Furlan hanno fatto emergere qualche perplessità su cosa potrebbe rappresentare un’azione sindacale di ispirazione governativa.

Questione Jobs Act e voucher

In maniera del tutto sorprendente, la portavoce della Cisl difende quasi tutto l’impianto del Jobs Act.

Escludendo la questione voucher, che secondo la Furlan comunque non vanno eliminati ma “regolati” (chiaramente da chi già ora “detiene” il potere di “vita e morte” lavorativa), il sindacato ritiene che la riforma renzian-polettiana si possa inserire all’interno di una serie di politiche attive, utili per la popolazione.

Già questa prima, distorta, visione del modello Poletti, permette di comprendere quanto il segretario Cisl non abbia la più pallida idea di cosa significhi il precariato perpetrato senza alcun diritto.

Non immagina per nulla cosa significhi essere la generazione più istruita ma, allo stesso tempo, più sfruttata e meno considerata della Nazione.

Non immagina, neanche, cosa significhi non poter accedere a un mutuo (a causa delle “non garanzie” attribuite dal contratto a tutele crescenti), non poter programmare il futuro, non poter immaginare di metter su famiglia e non poter considerare un futuro senza l’aiuto, sostanziale, di genitori che non sempre riescono a fungere da ancora di salvezza dei propri figli.

Questione referendum ed utilità del sindacato

Chiaramente, a causa della visione espressa nell’intervista, il segretario Furlan non poteva che essere contraria ad un’eventuale consultazione popolare sul Jobs Act.

A tutto ciò, però, la portavoce Cisl associa l’utilità del sindacato, quale soggetto collettivo di rappresentanza, nella difesa dei lavoratori (o di ciò che ne rimane perlomeno)

Anche in questo caso la contraddizione è più che visibile, perchè, mentre da un lato si chiede alla gente di non mettere bocca su questioni che investono loro stessi, dall’altro si chiede di fare affidamento totale su un’organizzazione che ha mostrato di non essere sempre all’altezza di garantire la tutela dei lavoratori e dei cittadini.

Chiusura sui giovani

L’intervista, come spesso capita, si è chiusa con un pensiero ai giovani e all’alto tasso di disoccupazione.

In questo caso, dopo un preambolo da brividi, la Furlan poteva evitare la “chiusa emotiva” dato il rispetto mostrato tanto verso i giovani, la classe maggiormente colpita dal Jobs Act, quanto verso i lavoratori, a cui in maniera più che esplicita si è chiesto di tacere, subire ed affidarsi a chi, fino ad ora, non ha fatto i loro interessi.

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